Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Gli oggetti – le unità indivisibili della memoria materiale, la merce – sembrano fatti per moltiplicarsi. Definiscono gli angoli degli appartamenti, l’altezza dei soffitti, la profondità di sgabuzzini e ripostigli. The Plan, del canadese Michael Schmelling*, è un poema visivo interamente dedicato all’ossessione per l’accumulo
È un fitto volume tipo pagine bianche americane, ma più piccolo, composto di rimasugli e affidato a una carta povera e a una grafica raffinata e brutale: forse gli antropologi del XXI secolo lo consulteranno per conoscere gli ultimi anni dell’epoca precedente alla smaterializzazione digitale.
La storia è questa: c’è una società, negli Stati Uniti, chiamata Disaster Masters, che offre soluzioni rapide per tutti i problemi da sovraffollamento di ‘roba’. La contatta chi deve abbandonare una casa all’improvviso, lasciare la città, o convivere con vittime di un disturbo psichico chiamato disposofobia, che consiste nel bisogno compulsivo di radunare cose senza limite.
Schmelling, artista e fotografo, ha seguito il fondatore di Disaster Masters Ron Alferd e i suoi addetti nel corso di una dozzina di ‘disinfestazioni’, e li ha documentati in una serie progressiva di immagini narrative, corredate da poche enigmatiche righe e citazioni mediche. Si vedono signori con mascherine e tenute antigas intenti ad aspirare, inscatolare, pulire, riordinare, e soprattutto: buttare via, l’incubo peggiore per chi soffre di questa sindrome.
Si vedono vestiti accatastati, lampade slacciate dall’elettricità, sculture d’improvvisazione che ricordano la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto. Si vedono centinaia di audiocassette una sopra l’altra, in file interminabili. Si vedono nei casi più disperati immondizie e scatole di tonno in equilibrio instabile, vecchie confezioni di detersivi che rubano spazio a fotografie di famiglia, scope, catene montuose di polvere e percorsi di briciole.
I titoli scelti da Schmelling per ciascuna sequenza conferiscono lirismo anche al più sporco disastro casalingo: a un Dio danzante, l’ultimo divertimento, il secondo miracolo. I silenziosi cacciatori di fantasmi assoldati dalla Disaster Masters guardano l’obiettivo come guerrieri di terracotta in un mondo di plastica usata.
The Plan è un libro-mostra, e le ultime pagine verde chiaro sembrano il tentativo di allestire una piccola primavera, nell’infinito catalogo di pezzi sterili e morti. Il sogno degli agenti speciali contro il disordine – e spesso dei parenti che ereditano o dividono gli angusti ambienti – è fare il vuoto. Custodi e testimoni di un disagio più diffuso di quanto sembra, cantano il motto implicito di quest’opera straordinaria: quando si tiene troppo, non rimane niente.