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Elisa Sighicelli: lo stato primordiale di meraviglia

In occasione dell’inaugurazione di “As Above, So Below”, la fotografia che è una sorta di miracolo in sé

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La memoria di una pietra

Nel De Rerum Natura , Lucrezio ha proposto una teoria della visione in cui «le immagini sono come una pelle, o una pellicola, /sbucciate via dalla superficie del corpo, e volano / di qua e di là attraverso l’aria». Viaggiano a caso, alla ricerca di un ospite, trovando un alloggio lungo varie superfici – riflettenti come l’acqua o il vetro o il metallo lucido, «ma sulla roccia o sul legno si frantumano, si rompono, si perdono».

Elisa Sighicelli ha coraggiosamente rovesciato questo ordine naturale. Le sue fotografie su superfici dove in teoria non dovrebbero stare: marmo, travertino, raso. Suggeriscono così interventi miracolosi. Non pare un caso che l’artista viva a Torino, la città della Sacra Sindone.

La fotografia è una sorta di miracolo in sè, e questa idea tende a non dissiparsi anche quando si è compresa a fondo la chimica che la sostiene. Il fatto che una stretta fetta di memoria possa essere conservata – compressi i dettagli che l’occhio può assorbire mentre la mente non li registra del tutto – può ancora mettere in discussione la nostra metafisica, anche in un’epoca completamente satura di immagini fotografiche. Le opere di Sighicelli ci riportano a questo stato primordiale di meraviglia, vaporizzando le nostre reazioni condizionate alla fotografia.

Le immagini di marmo scolpito e poi a loro volta stampate sul marmo suggeriscono che la pietra possa essere dotata di una specie di memoria degli antenati classici. Immagini di vetro stampato su satinato trasformano quella sostanza in una materia la cui bellezza inseparabile dalla fragilità, come se potesse frantumarsi solo a guardarla. Immagini di specchi dall’argentatura in parte usurata che appaiono di un riflesso della stanza in cui sono rimasti appesi da secoli, imprimono sulle bandiere di tutti i secoli: i giorni, le notti, i balli ei ballimenti e le formalità e le emozioni che hanno sollecitato e poi represso. Le immagini degli interni delle lampade da carrozza – con elementi riflettenti concavi e convessi, incorniciate in grassi rettangoli da supporti di rame dagli angoli curvi, contenenti immagini rovesciate di ruote che contengono un passato precedente alla fotografia – fanno sì che il raso comprenda una sintesi dei diversi stadi che segnano l’apparire di quest’arte: la camera oscura, il dagherrotipo, la stampa argentata.

Le fotografie di Sighicelli, che devono essere viste nella loro realtà materiale per essere pienamente apprezzate, riportano la fotografia alle sue aspirazioni primordiali. Sono una sorta di alchimia: guardarle ci costringe a metter da parte le nostre facoltà analitiche e tutto ciò che pensiamo di conoscere. che devono essere viste nella loro realtà materiale per essere pienamente apprezzate, riportano la fotografia alle sue aspirazioni primordiali. Sono una sorta di alchimia: guardarle ci costringe a metter da parte le nostre facoltà analitiche e tutto ciò che pensiamo di conoscere. che devono essere viste nella loro realtà materiale per essere pienamente apprezzate, riportano la fotografia alle sue aspirazioni primordiali. Sono una sorta di alchimia: guardarle ci costringe a metter da parte le nostre facoltà analitiche e tutto ciò che pensiamo di conoscere.

Elisa Sighicelli, Senza titolo (9447) , 2019 53 x 71,5 x 4 cm, stampa UV diretta su travertino