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Impressioni veritiere di visitatori di mostre

Tabula Casa. Lettera di Gianluigi Ricuperati a Stefano Boeri su ‘casa Lana’ di Sottsass alla Triennale

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Le case ricominciano sempre

«Una piazzetta nella quale si gira e ci si incontra». Così Ettore Sottsass descrive casa Lana su Domus nel 1967. Progettata nel 1963 per la famiglia dell’amico Giovanni Lana, stampatore e tipografo. Un appartamento di dimensioni contenute in Via Cola di Rienzo, in zona Washington-Parco Solari a Milano. L’allestimento originale si conserva immutato per oltre sessant’anni, fino alla recente scomparsa del proprietario. Nel 2019, la figlia Donatella decide di donare alla Triennale il nucleo centrale della casa e come all’apertura di una capsula del tempo, oggi, negli spazi di Sala Sottsass, al primo piano di Triennale Milano, è possibile visitare in via permanente il nucleo centrale della Casa. Una Ricostruzione filologica risultato di un importante lavoro collettivo, di un approfondito studio da parte dell’archivio e del laboratorio di restauro di Triennale Milano, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Luca Cipelletti, che ne ha curato l’allestimento nello spazio, e Christoph Radl, che ha seguito l’art direction del progetto. Il progetto è in collaborazione con lo Studio Sottsass e il supporto di Barbara Radice Sottsass.

Penso che casa Lana sia una delle cose più poetiche e belle e potenti mai viste in un museo in assoluto. Immagino i figli che ci ritornano. Una cosa incredibile che dice tanto sul senso dello spazio sul senso della casa. Dovreste tenerla sempre. Tutte le case normali si assomigliano, come le famiglie felici di Tolstoj? Non lo so. Ma una cosa l’ho imparata. Qualche anno fa accompagnavo per un progetto chiamato «Tabula Casa» alcuni esseri umani miei contemporanei e miei concittadini in un viaggio a ritroso negli appartamenti che hanno abitato nel passato: le case normali non esistono, e ogni tetto è un caso speciale, e ogni alloggio è strano a modo suo. I muri non c’entrano niente: i muri sono quasi sempre soltanto testimoni di un processo che non ha mai fine, nemmeno quando l’ultimo ramo dell’albero di famiglia se n’è andato, o un pezzo di vita si è esaurito. Le case ricominciano sempre. Anche oggi, che non si nasce e non si muore più in casa, abitare è comunque una storia di annullamento e ripartenza, zero che diventa uno. Al contrario di ciò che si dice, la nostalgia può diventare un motore anarchico pieno di energie speciali rivolte al futuro – proprio come la cultura di ogni progettista dovrebbe essere – ed è così che ho acceso l’auto quando sono tornato a visitare il luogo in cui avevo vissuto con la mia famiglia tra il 1985 e il 1990. Non ci mettevo piede da ventiquattro anni. All’epoca c’era un programma Rai che ti chiamava al telefono fisso e se rispondevi «Europa, Europa» vincevi dei soldi. Il quartiere dove stavamo si chiamava Centro Europa. Ma non ci hanno mai chiamato, anche se ci ho sperato tanto. Si ritorna nelle case come ritornare a uno stato minimo di dialogo con la propria memoria, con la memoria urbana ma anche con un senso di ripartenza, di voglia di chiudere queste cose in un scrigno in un modo definitivo e capire che forse veramente il passato non ci appartiene più, e nel contempo ci perseguita. Il gambero non va indietro solo per andare indietro, va indietro per andare avanti. Forse bisognerebbe documentare le visite dei figli del proprietario di casa Lana. Potrebbe essere uno dei film di architettura più intenso mai realizzato.

Casa Lana © Triennale Milano, ph. ©Gianluca Di Ioia

Casa Lana © Triennale Milano, ph. ©Gianluca Di Ioia