Nella raccolta “Il muro della terra”** del 1975 il poeta livornese raggiunge il suo apice di ispirazione e di stile, limitando l’uso di una versificazione più tradizionale e della rima e riducendo nuovamente, come avveniva nelle prime raccolte, la lunghezza media dei versi e dei componimenti, che diventano così molto più diretti
La copertina della raccolta
Falsa indicazione
“Confine”, diceva il cartello.
Cercai la dogana. Non c’era.
Non vidi, dietro il cancello,
ombra di terra straniera.
*
Condizione
Un uomo solo,
chiuso nella sua stanza.
Con tutte le sue ragioni.
Tutti i suoi torti.
Solo in una stanza vuota,
a parlare. Ai morti.
*
L’idrometra
Di noi, testimoni del mondo,
tutte andranno perdute
le nostre testimonianze.
Le vere come le false.
La realtà come l’arte.
*
L’Idalgo
E mai,
mai io (un cappellaio
certo; bell’uomo) mai,
nel buio di quelle gialle
luci d’acqua, mai
io avevo avuto più freddo
nel mio gabbano – il solo
ricordo che di mio padre morto
(lo chiamavo l’Idalgo)
quel giorno, come ogni altro, ancora
mi coprisse le spalle.
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