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Book to book 22: Radioactive

Pensa come un romanziere classico, mette in scena come una tessitrice di collage dada, disegna le sue parole come un’autrice di fumetti. Ecco Lauren Redniss, trentenne ebrea newyorchese che insegna narrazione visiva alla New School e che, oltre ad aver collaborato per anni con il New York Times come illustratrice, ha già al suo attivo due opere compiutissime, esemplari ritratti biografici

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La copertina del libro

Lauren Redniss

"Radioactive" di Lauren Redniss, HarperCollins 2010, NYC

La prima, Century Girl, incentrata su una longeva stella del cabaret americano anni 20; la seconda, Radioactive, pubblicata da qualche mese, racconta invece le vite straordinarie di Marie Curie e suo marito Pierre. Enormi figure scientifiche, ma anche un’ottima scusa per riflettere, con immagini e parole, sul potere nucleare, ovvero la più pesante eredità del 900, non già ‘secolo breve’ ma piuttosto ‘secolo non-concluso’, secondo la formula coniata dallo storico britannico Jonathan Schell – che proprio al tema irrisolto della proliferazione delle armi atomiche aveva dedicato il suo saggio The Unfinished Twentyeth Century.

Il sottotitolo dello splendido libro di Lauren Redniss – a tale of Love and Fallout, pensato ben prima della tragedia giapponese che ha posto nuovi cupi riflettori sull’atomo – ne anticipa i motivi di fondo, essendo quella dei coniugi Curie una complicata sequenza di passi esaltanti e drammatici, ma anche una doppia esistenza consacrata alla passione per la ricerca pura, le cui applicazioni pratiche sono spesso tanto impure. L’elemento chimico su cui ruota tutta la vicenda è il Radio, naturalmente, ma ciò che colpisce è l’azzardo formale, l’invenzione di un modo attraverso cui si potrebbe davvero raccontare qualsiasi cosa, e aggiungerei che forse il futuro vero dell’editoria cartacea risiede proprio in operazioni come queste, perché la fisicità della carta diventa realmente un mezzo espressivo, dunque un mondo irriproducibile altrimenti, perciò prezioso e non disponibile ad alcuna riduzione.

Radioactive brilla anche di notte, come una collezione di foglie narrative fosforescenti: la tecnica con cui è stato realizzato ciascun singolo frammento di quest’opera vale una digressione. All’inizio c’è il disegno puro e semplice, su cui viene applicato un negativo fotografico del disegno stesso, nel quale alcune parti vengono deliberatamente annerite e che poi viene pressato sotto una lastra di vetro ed esposto al sole: i raggi ultravioletti generano sulla pellicola una formazione di ferrocianuro ferrico insolubile, altrimenti noto come Blu di Prussia.

Quando si immerge la stampa in acqua e acido citrico, le aree oscurate del negativo – le figure umane, per esempio – emergono in un lucore interno, bianco e trasparente, che sembra sconfiggere e insieme esaltare l’aureola blu che permea ogni pagina di questo racconto. Tutto ciò desta meraviglia, per il numero di coincidenze che mette in circolo, anche aldilà dell’indubbia rilevanza storica dei protagonisti.

Color Blu di Prussia – e basato sulla medesima sostanza – sono le pillole somministrate alle vittime di contaminazione radioattiva. Aggiungete che Eusapia* LR, il carattere tipografico di questo libro messo a punto per l’occasione, prende il nome da una medium italiana che i Curie usavano frequentare, che la luce emessa dal Radio è debolmente azzurra, e che l’esposizione fotografica ha giocato un ruolo centrale nella scoperta della radioattività. Sentirete a quel punto un piccolo trillo luminescente, quasi impercettibile – una festa a sorpresa di coerenza estetica.

Maie Curie nel suo laboratorio

Eusapia Palladino (al centro, sullo sfondo) durante una sua seduta