Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Dal 2007 al 2009 ho gestito un blog chiamato Pinakothek dedicato all’”estrazione”: opera di uno o più membri anonimi dei Resurrezionisti, un gruppo oscuro dedito a trovare la poesia nascosta nelle opere degli autori più prosaici. I membri non hanno mai reso pubblica la loro identità, anche se le voci volavano durante il loro periodo di massimo splendore, dalla fine degli anni Cinquanta alla metà degli anni Settanta.
Alcuni elementi che posso sopportare di rileggere sono raccolti in questa serie.
18 agosto 2008
Una notte una vecchia Pontiac guidata da un padre di sei figli sovraccarico andò fuori controllo sulla Avenue A e si schiantò contro un edificio d’angolo, facendo crollare tutto. Il rumore fu travolgente, un’esplosione. La gente accorse dai bar e dalle camere da letto. Il palazzo, vuoto da anni, si dissolse in una collina di mattoni, da cui spuntava un fanalino solitario, il cui indicatore di direzione, per qualche motivo, pulsava ancora di rosso. Alla fine arrivarono i poliziotti e bloccarono la scena con dei cavalletti, ma a quel punto aveva cominciato a prendere forma una festa. Qualcuno aveva una radio o forse un lettore di cassette che emetteva charanga. Giravano spinelli e bottiglie di Ronrico and forties e di Olde English. Cominciarono le percussioni, chiavi e coltelli sulle bottiglie che battevano il ritmo della clave. Un uomo di mezza età che assomigliava a una capra continuava a chiedere alla folla di “mostrare un po’ di rispetto”, ma nessuno gli dava retta. Le auto della polizia di notte, con i loro fari che girano, schizzano sui lati degli edifici e sono visibili da isolati di distanza, mettono quasi sempre tutti in uno stato d’animo di festa. Ormai c’erano almeno un centinaio di persone che si aggiravano, ridendo e indicando, strillando e facendo i pagliacci, e un bel po’ di loro ballavano. Anche i poliziotti si stavano divertendo.
Arrivarono un’ambulanza e un’autopompa, insieme a un’altra squadra. I pompieri si diedero da fare per scavare tra le macerie, mentre l’equipaggio dell’ambulanza se ne stava in giro a sparare cazzate con la gente del posto. Si scoprì che non era nemmeno il secondo o il terzo crollo di un edificio della giornata, ma il settimo. Uno a Inwood, due a Chinatown, tre ad Harlem. Senza contare gli incendi. Mentre parlavano, disse qualcuno, due diversi edifici lungo Avenue C stavano bruciando, uno dei quali per la terza volta… cosa poteva rimanerne? E che dire di quei Mets, disse qualcun altro. Tutti risero, poi la conversazione si interruppe. Cosa si poteva dire? Per quanto ne sapevano, il loro edificio poteva essere il prossimo. Non volevi davvero andare sul retro e vedere le linee di faglia nella facciata di mattoni, o scendere in cantina e vedere i cedimenti. Non volevi davvero speculare su cosa potesse avere in serbo il tuo padrone di casa o su quale fosse la sua situazione fiscale.
Il tempo passava. Sembrava che tutto il quartiere si fosse presentato. Gente in pigiama gomito a gomito con gente in tenuta da discoteca. Un ragazzo apparve con una confezione di ghiaccio in un carrello della spesa e iniziò subito a fare affari d’oro. A questo punto i poliziotti si erano avvicinati all’auto e stavano usando delle pinze gigantesche sul tetto, cercando di aprirla. Era qualcosa da vedere, come i topi che cercano di aprire una scatola di sardine, ma ci stava mettendo troppo tempo. La folla cominciò a perdere la pazienza. “Ehi papi, vuoi una mano?” urlò una donna che sembrava una bambina di dieci anni fino a quando non la si vide da vicino, e un ragazzo in fondo gridò una risposta in spagnolo che fece scoppiare di gioia tutta la folla. Ben presto tutti gridarono battute ai poliziotti come si grida allo schermo quando un film inizia ad andare per le lunghe. I poliziotti ignoravano scrupolosamente le chiacchiere, così come ignoravano i personaggi in piedi accanto a loro che fumavano cheeba.
Tra la folla c’era chiunque. L’uomo con la stampella era in giro per la strada. Non era mai chiaro se ne avesse davvero bisogno o se la usasse solo come oggetto di scena. Spesso, come ora, lo si vedeva camminare normalmente mentre gesticolava con la stampella, gridando nel frattempo. Laggiù, nell’orecchio di un giovane poliziotto che cercava di allontanarsi senza lasciare il suo posto, c’era l’omino che si presentava a tutte le funzioni pubbliche, sventolando un pezzo di carta unto e spiegazzato che un tempo poteva essere un documento ufficiale. La sua causa, una lamentela antica ed esoterica, veniva immediatamente dimenticata da chiunque ne ascoltasse due minuti, anche se sembrava tenerlo in vita. L’uomo sporco e a torso nudo con i nove cani deformi e affetti da rogna era lì – dall’aspetto si pensava a un carnevale di incesti – e anche la donna svizzera abbandonata con l’anca di acciaio inossidabile che regolarmente svegliava tutti gli abitanti dell’isolato chiamando per tutta la notte il suo gatto, Gaston. A poltrire qua e là c’erano vari di quegli ubriaconi di quartiere – di solito il fratello di qualcuno – che si facevano adottare dall’inquilino di mezzo isolato, così che le ragazzine compravano loro torte di gelatina alla bodega e le loro madri gli passavano maglioni in ottobre e cappelli da baseball in giugno.
Un’ora passò zoppicando mentre i poliziotti continuavano a lavorare. Poco dopo che la folla aveva raggiunto il massimo, il livello di eccitazione iniziò a calare rapidamente. La gente è tornata a letto o a giocare a domino o alla televisione, probabilmente, ma sembrava quasi che fosse evaporata, come la birra versata sul cofano di un’auto al sole. Un minuto prima c’erano cinquanta persone davanti a te, poi in un battito di palpebre non c’erano più. Si sentiva la musica che si spegneva lungo il viale. Ben presto rimasero solo tre skell (senzatetto ndr.) sul viale con il loro quartino di rum Don Diego, e a tutti gli altri fu risparmiata la vista del corpo schiacciato mentre i poliziotti lo trasportavano sulla barella. Alla fine le porte dell’ambulanza si chiuse e partì a tutto gas con i fari accesi e le sirene spiegate, seguita dalle auto di servizio che facevano lo stesso. Ci si potrebbe chiedere quanto dovesse essere grave la situazione per farli sgattaiolare via in silenzio, ma molto probabilmente si stavano solo divertendo un po’.