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Taci, anzi parla

Un omaggio all’opera di Carla Lonzi nella recensione di Alessia Muroni del saggio “Taci, anzi parla. Diario di una femminista” pubblicato da et al., Milano 2010. Da “Il Giornale dell’Arte” n° 309, maggio 2011

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“Carla Lonzi: non io, me stessa”

Seguire la vicenda intellettuale ed esistenziale di Carla Lonzi è impresa tra le più appassionanti, nella riscoperta di un pensiero critico e di un’esperienza umana quanto mai attuali. Da qualche tempo l’editore et al. ha iniziato la meritoria opera di riedizione degli scritti della storica dell’arte, critica militante e femminista. Il 2010 ha visto la nuova pubblicazione di Sputiamo su Hegel. E altri scritti, raccolta della produzione teorica più strettamente politica di Lonzi, e, per la cura di Laura Iamurri, del celebre Autoritratto, una serie di interviste ad artisti quali Accardi, Twombly, Kounellis, Consagra (compagno di una lunga parte di vita), e altri ancora.

Autoritratto non si segnala solo come interessantissimo esperimento di «comunicazione totale» tra critico e artista, significativamente risolto dalla scomparsa del critico, ma anche per essere il punto più alto di sperimentazione e insieme di rottura dell’operato critico di Lonzi, che percepì e denunciò un limite invalicabile tra artista e critico ma anche tra generale impronta maschile della cultura e necessità femminile di costruire conoscenza e identità in modo nuovo e non preordinato da coordinate culturali percepite come inadeguate. L’esigenza di un nuovo modo di vedere e vivere le cose è al centro anche di Taci, anzi parla, altro riuscito azzardo sul tema della decostruzione di un io rigido e preconfezionato in favore di un nuovo oggetto che si ponga in relazione dinamica con sé stesso, con l’altra/o, con la società, con l’arte e i ruoli: «Non io. Me stessa».

Taci, anzi parla, è un diario, scritto negli anni cruciali tra 1974 e 1977, in cui le vicende personali, intellettuali e politiche di Lonzi si intrecciano a uno dei momenti più difficili e fecondi della società italiana volta alla ricerca di un cambiamento che sarebbe intervenuto solo in parte. La lucidità della scrittura di Lonzi, spietata quanto possibile, gira ancora intorno al problema della relazione tra sé e sé, tra donne, tra donne e uomini, tra singole/i e ordine patriarcale cui sostituire un nuovo ordine simbolico femminile. Un ordine che comprende necessariamente anche la dimensione della produzione artistica e la ridefinizione dell’essere artista, e con enormi difficoltà: «Quella dell’artista è l’unica categoria intoccabile nell’attuale sfacelo delle categorie».

La dimensione intellettuale e umana dell’artista, il suo statuto essenzialmente maschile, il peso dell’autorità e dell’autorevolezza artistica e creativa maschile come elemento di antagonismo nella relazione tra i sessi torna anche nello straziante Vai pure (1981). È il dialogo con cui Lonzi definisce ed eterna in certo senso la fine del suo rapporto con Pietro Consagra e in cui, una volta di più, sa usare il sangue e la materia stessa della sua vita per trarne sostanza teoretica, con uno sforzo introspettivo di altissimo rigore morale: «Il mio compito culturale è di arrivare a essere riconosciuta come coscienza».

Taci, anzi parla. Diario di una femminista, di Carla Lonzi, postfazione di Annarosa Buttarelli, 2 voll., 1.504 pp., et al., Milano 2010.

Carla Lonzi al registratore mentre trascrive le interviste per il suo libro Autoritratto, Minneapolis, 1967. Sullo sfondo Ferri trasparenti e altre opere di Pietro Consagra. ph. Pietro Consagra. © Archivio Pietro Consagra, Milano