Capsule Digitale

Andrea Zanzotto (Vol. 4/6)

Un dialogo denso di implicazioni sul linguaggio svela i tratti della complessa natura dell’opera del poeta* di Pieve di Soligo

Social Share

Copertina del libro che raccoglie i versi di Andrea Zanzotto, Per il Casanova di Fellini. Edizioni del Ruzante, 1975

Filò*

[Hans Ulrich Obrist]   Nella sua raccolta di scritti ho riletto i suoi testi Sull’Altopiano e Altriluoghi. Karel Schoegel dice che la storia si svolge non solo nel tempo ma anche nello spazio. Leggiamo il tempo nello spazio?

Lei ha trascorso molto tempo viaggiando tra le varie geografie. In che modo questa esperienza ha influenzato il suo lavoro?

Sono molto interessato alla cartografia. Anche la sua poesia è una mappa storica e geografica. Può parlarci del legame con la cartografia?

 

[Andrea Zanzotto]   Da bambino ho viaggiato tantissimo sugli atlanti!.. Fantasie sedentarie su carte geografiche, escursioni interiori compensate da quotidiani viaggi nei labirinti dei sentieri e delle vallette aperte e nascoste delle colline e delle montagne qui intorno… Poi nella mia vita ho viaggiato un po’ per lavoro, da emigrante per qualche anno nell’immediato dopoguerra in Svizzera, e poi più tardi anche in altri Paesi europei, per varie altre occasioni, convegni o premi. Ma la mia base è sempre stata Pieve di Soligo, perché fuori da una ristretta zona qui vicino non riuscivo a scrivere. In ogni caso, se per ‘mappa’ intendiamo il rilievo topografico di un territorio, direi che la topografia rappresenta l’anello di congiunzione tra la poesia e la storiografia. Ho più volte affermato come per me non si dia la possibilità di una storiografia verodicente: la storiografia ufficiale, a ben vedere, rappresenta gli accadimenti disponendoli innaturalmente − e presuntuosamente − lungo una linea di sviluppo che rivela l’unilateralità del punto dell’osservazione a partire dal quale tale linea è stata tracciata. Ne deriva la rappresentazione di una temporalità astratta, sovraimposta com’è alle diverse… microtemporalità (in realtà stratificate, aggrovigliate, interferenti le une con le altre come i rami di una fittissima selva) di cui si sostanziano i fatti ‘autenticamente’ storici… La rappresentazione cartografica, invece, offre una realistica descrizione dei vari effetti prodotti dal trascorrere del tempo anche in momenti assai diversificati, rinvenendone le tracce nella stessa configurazione di un dato territorio. Anche la poesia, come la cartografia, offre una interpretazione… ‘letteralmente globale’ dei processi storici. Le parole di cui si compone, le deviazioni grammaticali per cui essa si caratterizza, non sono altro che le tracce impresse dai sommovimenti storici nel corpo del linguaggio lirico, provocandone la trasformazione: tracce con cui un testo poetico giunge a identificarsi senza residui, proprio perché appartengono materialmente alla configurazione assunta da un dato territorio formale nel preciso istante in cui esso viene rappresentato sulla pagina. Con Il galateo in bosco ho cercato di offrire un’interpretazione lirica dell’attuale topografia del Montello, del suo terreno tragicamente ipersedimentato, dove i segni impressi dalla catastrofe della guerra (i paesi distrutti, i resti dei caduti nella Battaglia del Solstizio, combattuta nel giugno 1918) si mescolano ai sedimenti dei  processi naturali, agli  scarti dei weekendisti, ai ruderi della Certosa e dell’Abbazia, alle tracce lasciate nei secoli da chi elesse proprio quella zona, anticamente ricoperta di selve, a luogo di elaborazione letteraria (si pensi al Galateo di Giovanni della Casa). Era proprio quella scandalosa prossimità di materiali animali e vegetali, organici e inorganici, culturali e minerali, a predicare, con mezzi orrendamente persuasivi, la squallida inutilità di tutti i sacrifici umani: non certo con l’altisonante Bollettino della Vittoria, con cui il Comandante supremo dell’esercito italiano dava notizia della sconfitta dell’esercito austro-ungarico, riuscisse a onorare il sacrificio dei caduti: «La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi è vinta». Perché la Storia del nostro Paese, da ultimo, si converte in geografia: in una geografia ben più terribile di quanto l’uomo sia in grado di prevedere. Tanto che la stessa linea che congiunge gli Ossari disseminati nel Montello (di cui nel Galateo ho incluso la cartina topografica), si rivela perfettamente sovrapposta alla faglia Periadriatica della crosta terrestre…

[HUO]   E il legame tra poesia e cinema? Ho letto della sua collaborazione con Fellini? Come avete lavorato insieme?

[AZ]   Benché ci fossimo già conosciuti in precedenti occasioni, ho già ricordato che l’incontro che diede inizio alla nostra collaborazione avvenne verso la metà degli anni ’70. Su consiglio di Naldini, Fellini mi scrisse una bella e lunga lettera in cui mi chiedeva dei versi da usare per le canzoni e filastrocche del Casanova, il suo film più onirico. Iniziò così la nostra collaborazione, che si prolungò per tre dei suoi film, e in vari altri progetti, alcuni dei quali mai realizzati. Per esempio fu divertente modificare le parole dei libretti d’opera per E la nave va. Ne nacque una lunga amicizia, che molti interessi comuni hanno contribuito a rafforzare. Non ci vedevamo spessissimo, ma sempre con molto piacere, a Roma, anche con mia moglie Marisa e con Giulietta Masina, oppure qui in Veneto… si passeggiava e discuteva molto, parlando di tutto e visitando varie osterie. Mi rimane un po’ il rimpianto, tra le tante cose, per il progetto di un film su Petrarca, che mai si fece…  È morto troppo presto, come anche il caro Pasolini…

Ma per quanto riguarda il rapporto tra poesia e cinema, si può certamente dire che il cinema abbia qualche volta la capacità di raggiungere la dimensione della poesia, lo si vede nei capolavori di molti grandi autori che hanno fondato la nuova arte, dandole il carattere anche, appunto, della poesia… anche se quasi quasi sembra di toglierla dal suo trono millenario.. In Filò dico «e ‘l cine – squasi –  ‘l par lu la poesia», è una  manifestazione della poesia in nuova forma. Comunque, indirettamente o ‘subdolamente’, il cinema ci influenza tutti, forse più di quanto non ci piaccia o non si voglia ammettere. Anche in vari miei libri è ravvisabile un’influenza del cinema, a volte molto esplicita… ricordo la lirica della Beltà, In una storia idiota di vampiri, ispirata a Dreyer; o, appunto, l’intero poemetto Filò, che dà il titolo all’omonimo libro che raccoglie i testi che avevo composto per il Casanova di Fellini. Anzi, l’apertura stessa di Filò, coi versi: «No dighe gnént del cine − / vorìe parlar del cine», esprime la fondamentale ambivalenza che io ho sempre avuto nei riguardi del cinema… in effetti per lungo tempo ho anche provato avversione per un certo mondo cine-televisivo, per la produzione di film e telefilm di consumo, specialmente certi polizieschi, o certi splatter che negli anni ’60 iniziava a approdare a esiti aberranti. Si trattava di una vera e propria mistificazione del vero, operata per… ‘eccesso’ di vero, se così si può dire: quell’esibito sadismo, con i suoi supercolori acrilici, sovraccaricando una realtà già brutta, finiscono con l’immunizzare gli spettatori, specie i più giovani. Quel mondo di celluloide ha contribuito ad inquinare la psiche dell’intera umanità nei suoi strati più profondi, appropriandosi dei nostri sogni più riposti, delle nostre percezioni, dei nostri colori; allo stesso modo in cui i più diversi ! materiali non biodegradabili – dalla plastica ai residui radioattivi − iniziavano a accumularsi sul nostro pianeta, decretandone la distruzione. Inquinamento del paesaggio, inquinamento della psiche, inquinamento dell’ordine simbolico: la poesia lirica non poteva non farsi catturare da questo circolo vizioso. Su questi motivi mi sono soffermato soprattutto nel poemetto Gli Sguardi i Fatti e Senhal, stampato un po’ provocatoriamente a mie spese nel 1969 presso la Tipografia Bernardi qui a Pieve di Soligo. In esso, ogni atto segnico (dalla stessa scrittura alla produzione dei «filmcroste in moda», fino a quell’evento epocale rappresentato dal primo viaggio sulla Luna, millenario emblema della poesia e delle più alte aspirazioni dell’uomo) risulta, in fondo, inquinato dalla logica banale del profitto. Nel 1969 percepii il primo allunaggio, io che pure ero stato sempre un gran lettore di fantascienza, come una forma anch’esso di ‘inquinamento’ del nos! tro vicino celeste da parte della presenza umana: perché era stato motivato da una logica banale e ripugnante, la lotta di prestigio tra superpotenze, se non addirittura la supremazia militare:

— «NO BASTA, non farlo non scriverlo te ne prego»

— Doveva accadere laggiù che ti e ti e ti e ti

lo so che ti hanno || presa a coltellate ||

lo gridano i filmcroste in moda i fumetti in ik

i cromatismi acrilici

nulla di più banale          lo sanno i guardoni

da gradini finestre e occhialoni

io guardo || freddo || il freddo

Disegno di Fellini per “Il Casanova di Federico Fellini” (1976)