Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
La grande poetessa americana Marianne Moore, oggi forse dimenticata, scrisse un giorno un verso indimenticabile: ‘giardini immaginari con dentro rospi veri’, che deve aver fornito l’ispirazione – il primo singhiozzo – per un’opera bizzarra e stupefacente
Uscita negli Stati Uniti nel 1977 sotto il titolo di Botanica parallela*. L’autore, Leo Lionni, ha passato tutta la vita a disegnare per riviste o per la pubblicità, pubblicando una quarantina di libri per bambini: oggi il libro viene tradotto per la prima volta in italiano (Gallucci, 18 euro) e si rivela come un tesoro di illustrazioni e stramberie, nella tradizione dei trattati eruditi e della Zoologia fantastica di Jorge Luis Borges.
La ‘botanica parallela’, infatti, è quell’anarchia vegetale di semi incoercibili che hanno dato vita a piante del tutto singolari, che talvolta scompaiono al tatto e ai sensi non appena si prova a tastarle. Leo Lionni, con la voce secca, quasi allibita e tortuosa di un conoisseur esoterico in possesso di informazioni ancestrali, enumera oggetti verdi e meno verdi, magmatici e pulviscolari, elastici e anelastici: l’elenco di avventure tassonomiche è una gioia, ma è una gioia anche più intensa l’esplosione improvvisa dei disegni, dal tratto gommoso e quasi surrealista, come un Roland Topor costretto a misurarsi con un catalogo di giardinaggio. Aggiungerei che le divagazioni di Lionni presso le anse e le dune di questa cosmogonia plantifera ricordano da vicino, in certi punti, il tono sommesso e curioso del Gianni Celati ultrantropologo di Fata Morgana.
Ma è nel capitolo centrale del libro – dedicato alle Artisie, ‘piante dall’aspetto abotanico, qualche volta anorganico, di probabile origine umana’ – che si rivela l’autentico trillo metafisico di questo atlante: sono piante il cui nome deriva da ‘Artis Natura Magistra’, iscrizione posta all’ingresso del giardino zoologico di Amsterdam, e la cui forma a ricciolo smussato si ritrova in certe decorazioni make-up dei primissimi abitatori d’Australia come in certe sculture di Alexander Calder. La natura di Lionni è un tempio di analogie, più che di simboli: è la medesima meraviglia interrogativa che investiva Roger Caillois, o se volete lo spettatore di Tree of Life quando si accorge che le esplosioni di materia solare tracciano segni simili alle impressioni visive di un neonato appena venuto alla vita, o di un uomo che la sta abbandonando. Forme identiche ritornano nel colosso cosmico e nel nano-micron: se, come diceva Munari, un albero non è che un ‘l’esplosione lentissima di un seme’, facciamo esercizio sulle parallele della Realtà!