Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Il futuro dell’editoria di carta, e forse dell’idea stessa di editoria come la intendiamo oggi – produzione di prestigio rilegato o immateriale, commercio e curatela di idee, coltivazione di comunità inconfessabili di lettori – potrebbe essere appeso a un delicato volume di fiabe dei Fratelli Grimm
In Gran Bretagna è stata pubblicata la ristampa di un piccolo esperimento prezioso, condotto nel 1970 dall’artista David Hockney, il grande e ingombrante artista britannico dalle mille altre incarnazioni più o meno felici, estese in un arco inventivo che dura da più di quarant’anni.
S’intitola Six Fairy Tales from the Brothers Grimm with illustrations by David Hockney, esce per la Royal Academy Press, ma venne pubblicato per la prima volta nel ’70 dalla San Petersburg Press insieme alla Kasmin Gallery. Si tratta di un dettaglio importante, ma naturalmente non meno importante di ciò che il volume racchiude tra le sue copertine-palpebre, color carta da zucchero. Ovvero – sei fiabe magnifiche, kafkiane ante-litteram, votate a un’economia espressiva impressionante, intervallate pagina dopo pagina da una serie di incisioni all’acquaforte, spettrali, figurative, ma quasi espressionistiche, più apparentate al bianco e nero di corpi slanciati e tremolanti del Nosferatu di Murnau che al violento colorame di superfici e architetture tipiche dei quadri americani dell’Hockney pop, con i loro azzurri e bianchi intinti alla melanina della California.
Il vecchio Rinkrank, Storia di uno che se ne andò in cerca della paura, Raperonzolo – si tratta di storie che non si possono non rileggere, ma l’urgenza riceve un premio particolare, se d’incanto si aprono squarci visivi lucenti e paurosi, in cui le principesse vestono lunghe tuniche nere e il pagliaio che muta in oro sembra interamente fatto di aghi.
E perché, tuttavia, starebbe fra queste pagine il futuro dell’editoria? E’ presto detto – perché gli scrittori e gli editori più curiosi, domani, lavoreranno con artisti e con le loro gallerie, o addirittura saranno le case editrici a ibridarsi progressivamente in quasi-gallerie. Esisterà allora un mercato dei libri digitali, non così dissimile, nei caratteri essenziali, da quello attuale, solo molto più esteso e pervasivo.
Ed esisterà un mercato più piccolo ma più ricco, esattamente come quello che si definisce come “sistema dell’arte”, in cui le fortune più brillanti arrideranno a chi saprà coltivare in modo profondo e potente il vero dono culturale degli ultimi trent’anni: la possibilità e la necessità di dialogare fino all’ultimo respiro con tutte le discipline.