Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Francesca Romana Morelli* sulla rivisitazione di due storiche mostre romane curate negli anni Sessanta: anello di congiunzione tra le avanguardie degli anni Sessanta e quelle del decennio successivo: «Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70», che nel 1970 trasformò Palazzo delle Esposizioni in un contenitore multimediale, e «Contemporanea», che nel 1973 occupò il parcheggio sotterraneo di Villa Borghese. Da “Il Giornale dell’Arte” n° 295, febbraio 2010
Cambio di scena al Macro, fino al 5 aprile, con cinque nuovi eventi. Il direttore Luca Massimo Barbero e la curatrice Francesca Pola, per il ciclo «Macroradici», propongono «La Nostra Era Avanguardia», una rilettura di due mostre, anello di congiunzione tra le avanguardie degli anni Sessanta e quelle del decennio successivo: «Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70», che nel 1970 trasformò Palazzo delle Esposizioni in un contenitore multimediale, e «Contemporanea», che nel 1973 occupò il parcheggio sotterraneo di Villa Borghese, chiamando al lavoro artisti, videomaker, danzatori, con Rauschenberg, Warhol, Trisha Brown e tanti altri. Motore delle due rassegne fu Graziella Lonardi Buontempo, promotrice d’iniziative cruciali nel campo del contemporaneo a Roma.
Entrambe le mostre costituirono due rivoluzionari modelli («Contemporanea» figura tra le trenta mostre più importanti del ’900), essendo state concepite dal loro curatore, Achille Bonito Oliva, come laboratori critici aperti, con il melting pot di generazioni e ricerche. In mostra al Macro un centinaio di fotografie di Ugo Mulas scattate durante «Vitalità del negativo», e quelle di Massimo Piersanti durante l’«invasione» del parcheggio di Villa Borghese, oltre a opere, lettere, documenti.
A porre lo spettatore in una posizione antropocentrica, da dove può cogliere tanto la totalità dell’insieme quanto i minimi dettagli, è un’installazione di Ilya Kabakov, padre del Concettualismo russo e di sua moglie Emilia, «The Blue Carpet» (1997): il pavimento di una sala è coperto da un tappeto blu, circondato lungo il perimetro da piccoli quadri appoggiati alle pareti. Ha scritto Ilya Kabakov a proposito di quest’opera: «Quello che amo di più è sdraiarmi sulla schiena e guardare in alto; le pareti della stanza scompaiono e l’immaginazione mi fa volare».
Intervista di Guglielmo Gigliotti* ad Achille Boito Oliva sul suo rapporto con Graziella Lonardi Buontempo. Da “Il Giornale dell’Arte” n° 305, gennaio 2011.
«Eravamo della stessa estrazione antropologica, eravamo partenopei e parte romani», dice Achille Bonito Oliva parlando dello «straordinario rapporto di empatia» che lo ha legato a Graziella Lonardi Buontempo, conosciuta in occasione della Biennale di Venezia del 1970. «Era giugno, cinque mesi dopo inauguravamo al Palazzo delle Esposizioni di Roma il nostro primo capolavoro, la mostra “Vitalità del negativo”».
Qual è il segreto della vitalità del vostro rapporto?
È che abbiamo giocato tutta la vita. Ci ha unito questo senso del gioco della vita e ci trovavamo spesso a pensare che cosa avremmo fatto da grandi. Davvero. Condividevamo lo spirito dell’epigrafe tombale di Duchamp, «D’altronde sono sempre gli altri che muoiono», e, confesso, avevamo entrambi il sospetto della nostra immortalità.
Vi siete voluti molto bene, vero?
Il nostro era un rapporto morganatico, ma aperto al rapporto con tutti. Agli Incontri Internazionali d’Arte è venuto il mondo.
Quale eredità lascia Graziella Lonardi Buontempo?
Concretamente, il prezioso archivio e la biblioteca d’arte contemporanea degli Incontri Internazionali d’Arte a Palazzo Taverna, di cui mi auguro un interesse delle istituzioni pubbliche. Come modalità operativa, l’eredità la si vede oggi ovunque: Graziella e io siamo stati i primi ad aver praticato l’intreccio tra il pubblico e il privato nella realizzazione di grandi eventi culturali.