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Cos’è l’Arte (Vol. 1/3)

In un saggio datato 25 aprile 2020, al principio della pandemia, Carolyn Christov-Bakargiev riflette sulle complessità delle componenti di significato per una definizione delle pratiche artistiche

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La vita è più importante dell’arte

Diciamolo pure da subito – l’Arte è quell’attività umana che fa capire che la vita è più importante dell’arte. È un paradosso. Dall’inizio dei tempi, gli esseri umani hanno inventato e creato cultura materiale e immateriale artistica che distoglie dal reale, per meglio vederla, per meglio capirla. Arte è un significante flottante, aperto, che si usa abitualmente per parlare di cose diverse, a seconda dei contesti. Spesso qualificata da aggettivi, l’Arte si definisce per differenze: dalla medievale opposizione tra arti liberali dell’ingegno e dell’intelletto, la cui conoscenza rende la persona libera, versus le arti meccaniche più manuali; dalla moderna opposizione tra Belle Arti e arti applicate; alle contemporanee Arti visive che si distinguono da quelle letterarie e performative. Al plurale, le Arti inglobano molti campi, tra i quali la danza, il teatro, la letteratura, la musica, il cinema, la pittura, la scultura, l’architettura, la fotografia e il design.  Si evoca comunemente la parola quando si vuole fare un apprezzamento e dire che qualcosa è fatto ad arte, che ha una grande qualità al punto che è quasi una vera “opera d’arte”. Un grande attore, un cantante lirico, o anche un grande cuoco è chiamato un “artista”. L’etimologia ci porta infatti ad Ars, che definisce la capacità artigianale di fare qualcosa con perizia, con una buona tecnica, parola vicina alla τέχνη dei Greci. Oggi, l’uso più comune della parola Arte corrisponde dunque a quello più antico e originale.

Al contempo, si usa la parola in senso ristretto.

In questa accezione più specifica, come fosse una sineddoche dove il tutto rappresenta la parte anziché la parte il tutto, la parola Arte è abitualmente usata per riferirsi a quelle che a partire dal Settecento e fino all’inizio del ventesimo secolo in Occidente venivano chiamate le Belle Arti – le Fine Arts. Le radici dell’accezione Belle Arti non si ritrovano nell’antichità bensì nei primi scritti storici sull’arte, tra i quali le Vite dei più eccellenti pittori, scultori ed architetti di Vasari (1550) che formano la base della moderna Storia dell’arte. Egli descrive prima le tecniche e i materiali, come fosse un manuale di pratica artistica, sulla falsariga di Plinio il Vecchio e poi  scrive, “da pittore”, le vite degli “artefici” delle “arti del disegno”, comprendendo sotto questa dicitura l’architettura (l’arte più somma per lui perché la più utile),  la pittura e la scultura; usa già le parole ‘belle arti’ ma nel senso di piacevole, fatto bene, grazioso, opportuno, appropriato (bello proviene infatti da bellus, derivato da benulus, diminutivo di benus, da bonus). Per Leonardo, invece, la pittura è cosa mentale (la prospettiva è geometria) ed è quindi nel Rinascimento che appaiono le radici dell’idea dell’arte come attività non solo meccanica, che si libera ascendendo a essere anche forma di conoscenza alta in cui la poiesis Aristotelica (prendere cose dalla natura e trasformarle) si fonde con la praticità di fare pittura o scultura, verso il concetto moderno di Arte come forma di filosofia empirica, distinta dalle arti applicate o dall’arte sacra. Allora, nel ‘500, un artista doveva conoscere Ars, Scienzia e Ingenium.

Questa competenza si cristallizza con l’emerge della nozione dell’autonomia dell’opera d’arte e dell’estetica come filosofia dell’arte due secoli più tardi, contemporaneamente alla nascita della Storia dell’arte (lo studio dell’oggetto co-evolve con l’oggetto stesso, insomma), ma anche contemporaneamente allo staccarsi delle scienze naturali empiriche dall’Arte, la quale assume anche la caratteristica di essere l’espressione dell’artista. In particolare, Winckelmann studia nella prima metà del Settecento l’evoluzione dell’arte greca: alla base della sua teoria è l’idea che l’obiettivo dell’arte è raggiungere la bellezza che l’artista ottiene selezionando dalla natura ciò che gli serve allo scopo di creare un’opera utilizzando la facoltà dell’immaginazione. Kant nella Critica del Giudizio (1790), descrive l’arte come una forma di intenzionale e consapevole imitazione della bellezza della natura, senza scopo da parte del genio creativo, mentre la bellezza naturale è creata dalla natura senza consapevolezza né intenzione estetica, e spesso con uno scopo determinato (oggi questa idea è fortemente contestato negli studi sulla creatività non umana della natura). Le Belle arti e la correlata idea di un’autonomia dell’arte nascono dunque dalla separazione tra utile e dilettevole, tra arte e scienza. Per Hegel, l’arte offriva una direzione verso una “libertà estetica” ed il museo era il luogo dove esso poteva accadere (nascono i musei pubblici come li intendiamo noi poco dopo la Rivoluzione francese).

Per la borghesia in ascesa dell’epoca, l’arte era la controparte necessaria e contemplativa dei prodotti funzionali dell’industria, anche se criteri estetici potevano essere applicati al loro disegno. Questo concetto nasce dalla stessa generazione di persone che ha inventato l’illuminismo e la democrazia parlamentare, una società di produttori all’alba dell’industrializzazione e dell’economia di mercato, e allo stesso tempo una società di pensatori che dovevano sviluppare la sfera della contemplazione e del tempo libero. Essi necessitavano di una chiara demarcazione tra attività non produttiva e attività produttive. Questa nozione elitaria dell’arte rientra dunque in una categorizzazione quasi spaziale del proprio tempo, ed è ancora oggi accettata in molto ambienti, in particolare tra i più conservatori. Ma con la valorizzazione delle arti applicate e della cultura popolare, alla fine dell’Ottocento l’uso del termine Belle Arti entra in crisi.

Georges de La Tour, La Maddalena penitente, 1640/1645, olio su tela, 117 x 91,76 cm. County Museum of Art, Los Angeles