Capsule Digitale

Giorgio Caproni*

Il conte di Kevenhüller, è un’opera lirica, in cui si racconta la caccia allegorica e gnoseologica di una fantomatica Bestia

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“Il cacciatore di farfalle” (Der Schmetterlingsjäger) di Carl Spitzweg, 1840

versi dalla raccolta "il conte di Kevenhüller"

Ultima raccolta pubblicata da Caproni in vita, per Garzanti, Milano 1986, ruota ancora attorno al tema della caccia. Il titolo richiama un avviso del 1792 in cui “il conte di Kevenhüller”, funzionario austriaco, promuoveva una battuta di caccia per stanare una «feroce Bestia» avvistata nei dintorni di Milano. Lo stesso Caproni ha chiarito come la Bestia vada intesa quale metafora del male che abita nel cuore dell’uomo e trabocca nelle grandi tragedie della storia.

 

Di un luogo preciso descritto per enumerazione

È l’imbrunire…

Gli alberi sono brulli…

I due che senza volto segano

legna, presso la carbonaia…

La Trebbia…

La sua ghiaia

rossosoriana…

Lontana

e annebbiata di viola,

la cima già emiliana

del Lésima…

Il clima

è aspro…

D’in alto

– a piombo – i due costoni

sull’acqua scabra…

L’asfalto

d’un cielo che opprime – chiuso –

la statale.

Passa

– deserta – l’ultima

(faticosa) corriera…

La sera si fa sempre più sera

e più montana…

È forse

in questa geografia precisa

e infrequentata (in questa

gola incerta, offuscata

di fumo) la prova

unica – evanescente –

di consistenza?…

È già notte…

Nessuno in vista…

Nessuno

che parli…

Nell’ora

spenta, non una sola

sillaba…

Il luogo

è salvo dal fruscìo

della bestia in fuga, che sempre

– è detto – è nella parola.

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