Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Autoritario, indipendente e contrario a ogni dogmatismo: alla vigilia della prima monografica su J.J.P Oud, Cor Wagenaar ricorda un grande individualista. Dal “Giornale dell’Arte” n. 200, giugno 2001
La mostra su J.J.P. Oud dal 19 maggio al 9 settembre, presso il Nederlands Architectuurinstituut di Rotterdam è la prima a ripercorrere nella sua totalità l’articolata vicenda biografica dell’architetto olandese (1890-1963). Curata da Bernard Colenbrander, Kristin Fereiss, Ed Taverne, Martien de Vletter e Cor Wagenaar, essa costituisce il punto d’arrivo di una serie di studi che, negli ultimi anni, hanno contribuito a ridisegnare il profilo di un «maestro» le cui opere tarde erano state oggetto di condanna da parte di molta della storiografia più legata al «movimento moderno».
Il catalogo, J.J.P. Oud, Poetic Funtionalist, 1890-1963. Complete Work, esce per le edizioni del NAi, in inglese e in olandese. All’allestimento della mostra è stato chiamato un altro discusso protagonista dell’architettura de+l Novecento, Philip Johnson. Di qui il titolo scelto per l’esposizione: «J.J.P. Oud -Philip Johnson: A Dialogue».
Oltre a essere uno dei padri fondatori dell’architettura moderna, Jacobus Johannes Pieter Oud è anche una delle sue figure più controverse, e probabilmente una delle prime vittime del meccanismo di public relations costruito intorno al movimento negli anni Cinquanta e Sessanta.
La sua fama di pioniere del Modernismo riposa essenzialmente sugli edifici da lui costruiti come architetto-capo del Dipartimento di edilizia residenziale della municipalità di Rotterdam. I blocchi di Spangen (primi anni Venti), il quartiere Kiefhoek (1925) e le case a schiera di Hoek van Holland (1927), così come il suo ruolo di membro del gruppo iniziatore della rivista «De Stijl» ne fanno una tra le prime star dell’architettura moderna internazionale. Negli anni Venti, egli tiene conferenze in Belgio, Germania, Cecoslovacchia e Svizzera e ha scambi di lettere con Peter Behrens, Sigfried Giedion, Waltcr Gropius, Le Corbusier, Erich Mendelsohn, Ludwig Mies van de Rohe e molti altri. Nel 1927, Mies van der Rohe lo invita a costruire un gruppo di case a schiera nella Siedlung del Weissenhof a Stoccarda, opera che diventa istantaneamente molto nota e pubblicata.
Già negli anni Venti, la posizione di Oud all’interno dell’architettura moderna ricorda quella del pioniere solitario. Egli non condivide l’entusiasmo di Gropius per l’Existenzminimum. Trova insopportabili la retorica esaltata e le tecniche usate da Giedion per propagandare il nuovo movimento, sintomi di un’attitudine «romantica» da lui profondamente avversata. Quando visita le case costruite da Le Corbusier al Weissenhof, i due edifici gli appaiono un’intollerabile esibizione di virtuosismo e un tentativo di creare un’architettura teatrale e spettacolare. La sua ricerca tende verso uno stile più sottile e trattenuto, quasi una versione moderna del classicismo. E anche se i progetti per i quartieri residenziali di Rotterdam lo rendono famoso, egli matura negli stessi anni la convinzione che l’architettura non si possa ridurre al tema residenziale.
Alcuni episodi contribuiscono ad accrescere il suo isolamento: il rifiuto di presiedere un workshop sull’urbanistica nell’ambito dei Ciam (Congrès Internationaux d’Architecture Moderne), dovuto alla distanza dalle posizioni di Giedion, o il suo distacco da Hendrik Petrus Berlage, figura di riferimento nella prima fase della carriera, a seguito del rifiuto di questi a sostenere il suo progetto di concorso per la Borsa di Rotterdam. Nel 1936, all’apice della propria fama, Oud rifiuta la doppia offerta di disegnare la nuova sede del Museum of Modern Art di New York e di diventare il primo direttore dell’appena fondata Graduate School of Design di Harvard.
E egli stesso a suggerire, al proprio posto, il nome di Walter Gropius. Nella seconda metà degli anni Trenta, quando l’architettura moderna in Europa dà segni di profonda crisi, Oud non riesce a trovarsi d’accordo con coloro che identificano la battaglia per il modernismo con quella per il socialismo. Quando i sostenitori di quest’ultima posizione prendono il sopravvento nell’Opbouw, l’associazione di architetti moderni di Rotterdam, egli la abbandona. Contemporaneamente, si oppone tanto alle tendenze di molti giovani seguaci di Le Corbusier quanto ai tentativi, particolarmente incompatibili con il suo ideale di classicismo modernista, di arricchire il lessico dell’architettura moderna con riferimenti agli stili storici.
Il suo primo lavoro «post modern» è il progetto per un nuovo municipio ad Amsterdam, ma l’opus magnum di questi anni resta il palazzo per gli uffici della Shell all’Aia. È questo edificio che, pubblicato alla fine degli anni Quaranta, incrina la reputazione di Oud come pioniere del Modernismo: il rivestimento in pietra, la decorazione e l’impostazione simmetrica del progetto appaiono a molti come un deliberato tradimento di tutto ciò per cui Oud aveva combattuto nel corso degli anni Venti. È certo l’edificio per la Shell ha poco in comune con l’architettura dell’lnternational Style diffusasi in quegli anni in tutto il mondo a partire dagli Stati Uniti, come stile adatto a una nuova forma di capitalismo sociale, risposta occidentale al socialismo sovietico divenuto dominante nell’Europa dell’Est.
Oud considera tuttavia l’edificio Shell come una semplice evoluzione rispetto alle sue precedenti architetture, non un allontanamento, continuando a considerarsi come uno dei più importanti architetti «moderni». Negli stessi anni, in Olanda, egli comincia a essere celebrato come la figura di punta di quel movimento di avanguardia olandese che il Governo tende sempre più a celebrare ufficialmente come l’origine del contributo olandese al Modernismo internazionale.