Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Raffinata interprete del genere della natura morta operò in Piemonte nel Seicento, figlia del grande pittore della Controriforma Guglielmo Caccia detto il Moncalvo. Dal “Giornale dell’Arte” n. 188, maggio 2000
I pochi quadri conosciuti di Orsola Maddalena Caccia*, prevalente mente di fiori, sono di alta qualità e denotano un acuto naturalismo frutto di una profonda conoscenza della pittura fiamminga, ma anche ricordi tardomanieristi nelle fogge riccamente elaborate ed eleganti dei vasi.
Tra i numerosi pittori attivi alla corte sabauda, spesso conosciuti purtroppo solo attraverso documenti, un ruolo importante fu ricoperto da Giovanna Garzoni (1600-1676), che si fermò a Torino dal 1632 al 1637, prima di recarsi alla corte fiorentina: una preziosa pergamena dipinta ricorda la sua attività e l’influenza che esercitò sul pittore locale Octavianus Monfort (morto nel 1696), di cui si espongono due notevoli tempere.
La novità più importante è però il pittore fiammingo-piemontese Carlo Lanfranchi (1642-1705), di cui finora si conoscevano soltanto due quadri di natura morta: in questa occasione se ne presentano tre inediti, di cui uno firmato, che testimoniano la sua eccellente qualità pittorica e la particolare cultura cresciuta a Roma intorno ad Abraham Brueghel, da lui importata alla corte sabauda. Il Settecento predilige invece a Torino un carattere più decorativo e legato al gusto rococò di taglio francese, specchio del continuo confronto con la grande potenza politica d’oltralpe: oltre alla Cuoca di Pietro Domenico Olivero (1679-1755) derivata da un quadro di Santerre, spiccano le due grandi tele di Michele Antonio Rapous (1733-1819), tardi ma squisiti esempi della pittura decorativa “Ancien Régime”.