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Scultori senza tempo: Szeemann versus Fuchs?

«Zeitlos», la mostra di scultura aperta all’Hamburger Bahnhof di Berlino nel 1988, è anche la risposta del critico svizzero Harald Szeemann alla «Standing sculpture», dell’anno prima, curata dall’olandese Rudi Fuchs al Castello di Rivoli. In questa intervista Anne Marie Freybourg*, critico d’arte e assistente di Szeemann, introduce i temi principali della curatela. Da “Il Giornale dell’Arte” n°58, luglio 1988

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Copertina del catalogo Zeitlos (Kunst von heute im Hamburger Bahnhof, Berlin) a cura di Harald Szeemann – Brüderlin, Markus, 1988

BERLINO. Inaugurata lo scorso 21 giugno (durerà fino al 25 settembre) nello spazio della Hamburger Bahnhof, «Zeitlos» («Senza tempo», cfr. «Il Giornale dell’Arte» n. 57) e una mostra curata da Harald Szeemann, tematicamente incentrata su un concetto quasi sperimentale di scultura, attraverso il quale le opere presenti, che rappresentano nomi tra i più importanti del panorama artistico internazionale, suggeriscono e verificano i loro molteplici e imprevedibili legami con il luogo, decisamente singolare, che le circonda.

«È questa la quarta mostra intorno alla scultura che Szeemann realizza» – afferma Anne Marie Freybourg, critico d’arte e assistente di Szeemann per la realizzazione di «Zeitlos». «Dopo Zurigo, Vienna e Dusseldorf è un ulteriore approfondimento sul significato contemporaneo della scultura, sui processi di pensiero che la sorreggono, per Szeemann evidentemente in rapporto con lo spazio ma necessariamente anche con il tempo: in “Zeitlos” appunto, si sottolinea e indaga anche la questione della durata, della percezione del tempo».

[Il Giornale dell’Arte] Anne Marie Freybourg, che cos’è esattamente la Hamburger Bahnhof?

[Anne Marie Freybourg] È una vecchia stazione ferroviaria: costruita nel 1847 ha svolto la sua funzione solo per 38 anni, una vicenda analoga a quella della gare d’Orsay di Parigi. Nel 1906 fu riaperta per ospitare un museo del traffico e di storia della tecnologia. Alla fine dell’ultima guerra, sembra per un malinteso, la stazione rientrò sotto la giurisdizione della Repubblica Democratica Tedesca, fino a quando, solo due o tre anni fa, Berlino Ovest ne è rientrata in possesso. L’anno scorso è stata allestita una mostra a carattere storico-culturale, «Viaggio a Berlino» e «Zeitlos» rappresenta quindi la prima esposizione realmente dedicata alle arti visive. L’amministrazione di Berlino sta progettando di creare proprio nella Hamburger Bahnhof, entro la metà degli anni Novanta, un museo di arte contemporanea. È questa una sorta di prova generale.

[Gd’A] E per Szeemann questo spazio espositivo svolge un ruolo fondamentale?

[AMF] Si, ci siamo trovati di fronte ad un grande spazio, lungo circa 80 metri e alto 50, completamente inondato dalla luce che passa attraverso le vetrate, disposte tutt’intorno. La mostra è illuminata infatti solo con la luce naturale: Szeemann ha lasciato tutto intatto, per l’allestimento non ha voluto nessun tipo di pannelli, nessun tipo di preparazione, ha utilizzato il puro e scabro spazio, con le sue irregolarità e incompletezze. Un aspetto importante da sottolineare è che la maggior parte degli artisti ha realizzato le proprie opere espressamente in rapporto alla Hamburger Bahnhof, certamente un luogo da cui trarre ispirazione. Si tratta di uno spazio disponibile ma che conserva una sua presenza e che possiede quindi a sua volta delle qualità plastiche. Non è un normale museo che vuole rimanere possibile anonimo e asettico. La mostra è anche il confronto con un luogo che mantiene le sue caratteristiche.

[Gd’A] Qual è l’itinerario?

[AMF] Il primo impatto è con Marcel Broodthaers, con un ensemble intitolato «l’entreé de l’esposition». Il visitatore viene immediatamente coinvolto e getta uno sguardo sulla grande hall: ci sono Richard Serra, Joseph Beuys, Carl André, Richard Long, Imi Knoebel, Wolfgang Laib, Rabinowitch. Ai lati, da una parte Cy Twombly, Ingenborg Luescher e Franz West; dall’altra c’è la generazione più giovane, con Jan Vercruysse e Reinhard Mucha. L’unico pittore presente in mostra è Robert Ryman, collocato in uno spazio molto raccolto, che obbliga ad un rallentamento nel percorso, in modo da permettere al visitatore il massimo di concentrazio-ne sui suoi dipinti bianchi. Ci sono anche Bruce Nauman, Christian Boltanski, Daniel Buren e James Lee Byars. Alcune opere coinvolgono anche lo spazio esterno, come quella di Niele Toroni, posta nella loggia frontale, sopra l’entrata; anche le opere di Edoardo Chillida e Ulrich Ruckriem sono all’esterno. L’unica presenza italiana è Marisa Merz, se non si vogliono considerare italiani Sol LeWitt e Twombly.

[Gd’A] Reduci dalla «Standing sculpture» di Fuchs a Rivoli, siamo di fronte alla ridefinizione, direi antitetica, di Szeemann: in ogni caso, è un momento di grossa attenzione per la scultura.

[AMF] Sì, credo che in questo momento sia un aspetto molto importante: la scultura è maggiormente coinvolta con la nostra realtà quotidiana, con le condizioni sociali che la determinano. Riassume in se stessa un’esperienza motoria e visuale che meglio esemplifica la nostra condizione di vita. Per questo in «Zeitlos» sono proposti diversi punti di vista e ci sono differenti possibilità di confronto per il visitatore: «Standing sculpture» ma anche Carl André o Bruce Nauman, oppure opere che si attraversano. Il problema è costituito dalle relazioni che si possono instaurare tra le opere, tra le opere e lo spazio, tra lo spazio e il tempo. Il visitatore viene coinvolto così in un’infinita varietà di esperienze spaziali, un attraversamento, un’idea di passaggio che era già presente nella prima mostra di Szeemann dedicata alla scultura, a Zurigo. All’interno dello spazio della Hamburger Bahnhof si creano tensioni, corrispondenze, contrasti che stimolano la visione, che spingono a pensare. Ognuno deve scoprire il proprio passaggio.