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Sibilla Aleramo e Dino Campana, lettere #6

Dal carteggio di Sibilla Aleramo e Dino Campana

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Borgo san Lorenzo, Firenze, panorama, cartolina postale viaggiata 1916

Epistola XIV
Sibilla a Dino

Villa La Topaia, Borgo S. Lorenzo, 8 agosto 1916, pomeriggio

M’han portato in ritardo la tua cartolina, Omar Kaimar. Prendo tutte le cose troppo sul serio? Ti mando lo stesso tutto quel che t’avevo scritto, ti divertirà un momento. Insieme alla tua, poche parole da Firenze, lagrime ma degne. Ne ho fatto un uomo.
Perché “dubitosa”? Di me, no. Di quel che sentivo, no. E neanche di quel che dovevo fare, vedi, ch’è già fatto, limpidamente. Ma d’esser per te una cosa di vita, una cosa di bellezza…
Ripensavo a un punto del tuo libro, a una frase che mi ti aveva avvicinata forse più d’ogni altra la prima volta che ti lessi: e ho cercato nel volume, è proprio dove tu mettesti per me la foglia d’edera: “… Dolce mi è sembrato il mio destino fuggitivo… così conosco una musica dolce nel mio ricordo… so che si chiama la partenza o il ritorno…”.
Andando e stando.

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Epistola XV
Sibilla a Dino

Villa La Topaia, Borgo S. Lorenzo, 9 agosto 1916

Dino, provo qualcosa di tanto forte che non so come lo reggerò… Sei tu che mi squassi così? Che cosa m’hai messo nelle vene? E sempre ho negli occhi quella strada col sole, il primo mattino, le fonti dove m’hai fatto bere, la terra che si mescolava ai nostri baci, quell’abbraccio profondo della luce. Dove sei, che mi sento cosi strappata a me stessa? Mi chiami, o m’hai dimenticata? Oh, ti voglio ti voglio, non ti lascerò ad altri, non sarò d’altri, per la mia vita ti voglio e per la mia morte, Dino, dopo questo non si può esser più nulla, oh, sapere che anche tu lo senti, che rantoli anche tu cosi…
Mi aspetti, dimmi, mi aspetti, vero? Saremo soli sulla terra. Bruceremo. Hai visto che siamo vergini, che qualcosa non ci fu mai strappato? Per noi. Più a fondo, più a fondo, ci mescoleremo allo spazio, prendimi, tiemmi, io non ti lascio, bruceremo.

Dimmi che mi manca così il respiro perché mi chiami, perché mi vuoi…

***

Epistola XVI
Sibilla a Dino

Villa La Topaia, Borgo S. Lorenzo, 9 agosto 1916

Domani sera, giovedì, vado a Firenze, m’han scritto i Luchaire che saran qui soltanto domenica, e Fr.[anchi] mi supplica d’andar un giorno a vederlo. Tornerò qui domenica mattina con i Luch. portando tutto quello di cui mi devo provvedere a Firenze per la montagna. Così dopo tre o quattro giorni con gli ospiti qui, ti raggiungerò direttamente, ed è molto meglio. Mi scriverai dove. Ti manderò un orario ferroviario per il caso si vada a Vicchio. Ma se ti pare che alla Casetta sia possibile, vengo. Poi c’è sempre tempo di cambiare. Ma ritrovarci.
A Firenze soffrirò, patirò tutta la passione di quel figliolo. Ha sentito tutto, non spera più. Ma avrà forza, mi appartiene, vivrà. Tu non stare in pena, sarebbe un’offesa, a questo tormento divino che provo, il dirti altro, vero Dino? Son tua, non posso che esser tua, lo sai. Pensami. Non m’hai scritto ancora, non so nulla, son tutta soltanto col ricordo, e brucio.

Forse domani avrò una tua lettera… Ti riscriverò da Firenze. Per il 14 mattina, una tua parola qui alla villa, Dino; e nel pomeriggio ti sentirò come se mi baciassi tutta. Tra i grandi boschi… mi aspetti? Ti farò gridare di gioia quando ci riprenderemo. Poi piangeremo di felicità, tanto… Mi ami? Lo sapevi che t’avrei amato?

Se vuoi, puoi scrivermi a Firenze – se ti occorre qualcosa di là.

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