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Sibilla Aleramo e Dino Campana, lettere #10

Dal carteggio di Sibilla Aleramo e Dino Campana

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Bagni di Casciana, piazza delle Terme in festa

Bagni di Casciana, piazza delle Terme

Epistola XLIII
Sibilla a Dino

27 ottobre 1916, venerdì, mezzogiorno

Non ho ricevuto nulla, e soffro, Dino. Perdonami, sono forte ma soffro. Ho telegrafato al postino di costà, perdonami1. E anche stanotte dovrò restar nell’angoscia perché la risposta non verrà certo prima di domani. Dino.
Ti amo, soffro, sentimi. Se saprò che sei costi, forte, sarò brava anch’io, te lo giuro sul nostro amore, Dino, saprò aspettare, ho tanta fede, tutto è bello, si, tutto è stato necessario, la vita sarà per noi, amor mio, ma ch’io sappia dove sei e che non stai male, Dino, Dino… Baciami, rienmi.
tua Sibilla
Non ti scriverò, ti lascerò tranquillo, proverò a lavorare, ma liberami da quest’angoscia… Ti adoro.
La tua amica, la tua bambina, il tuo amore.

***

Epistola XLV
Dino a Sibilla

Marradi, 27-30 ottobre 1916?

Mia cara amica
sono troppo stanco e troppo ammalato per cercar di comprendere. Prendo il partito dei più deboli, il mio solito partito: parto.
Regalo a chi ne ha bisogno quel poco di poesia che può essere sorta in te dal nostro amore. Non posso dirti altro dopo questo. Mia cara sono realmente ammalato non ho potuto sopportare l’attesa e le tue lettere Ricevo ora il telegramma Parto domattina per la Casetta. Là c’è il silenzio.
Io ti amo tanto e rimpiango la poesia solo perché essa saprebbe baciare il tuo corpo di psiche e il tuo viso roseo e nero colla bocca sfiorita di faunessa.
Perdonami se non voglio essere più poeta neppure per te. Sai che neppure le acque e neppure il silenzio sanno più dirmi nulla — e senti la mia infinita desolazione. Ti porto come il mio ricordo di gloria e di gioia.
Ricorda quando soffrirai colui che ti ama infinitamente e porta per se solo il tuo colore. L’ultimo bacio dal tuo Dino che ti adora.

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Epistola XLVII
Sibilla a Dino

Bagni di Casciana, domenica, 29 ottobre 1916

Dino, bisogna esser forti, stringersi, non lasciarsi. Io sto male, io la tua amica. E tu, amore mio, anche tu soffri, lo sento. Ci amiamo, perché non vogliamo vivere? Dino. Le ultime notti sentivo quando m’abbracciavi, e mi dicevi, che c’è ancora tanto vigore in me. E in te c’è tanto sole. Stretti, siamo una cosa miracolosa. Dobbiamo vincere. Un male di quindici anni, tu hai detto… Si, e anche per me. Sono quindici anni che son partita da mio figlio.
Io son la tua amica. Lavorerò. Rientriamo insieme nella vita. Che ci vedano, belli, non soltanto nella nostra poesia, che ci amino per la nostra gioia, per la nostra vittoria. In questi giorni (e pur sto tanto male, sai, ho tanto freddo, ti cerco ti cerco) ho scritto a varia gente: verrà qualche aiuto, non temo più, potremo aspettar, senza affanno, la fine della guerra, e poi andremo in Francia. Ma non stiamo staccati, ora. Dino, amore santo. Non posso viverti lontana. E t’ho carezzato cosi poco. Stavi tanto male, avevi paura che non t’amassi, che non sentissi che cos’eri per me, che ti credessi irreale, anche tu… Amor mio solo. Non avremo più paura, ora. Abbiamo pagato. Stringiamoci. Dino, abbiamo degli anni pieni dinanzi. Finché sarò bella e forte. Poi sparirò. Che tu abbia avuto tutta un’anima da adorare, da far felice in sua morte. È la nostra sorte. Hai detto che mi tieni, se voglio… Dove sei? Lo senti che non si può più lasciarci?.

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Epistola LIV
Dino a Sibilla

Settignano, 4-5 dicembre 1916

Cara Amica, ti scrivo piangendo ti supplico per l’amore che hai per me di tornare da C.[ena]. Dai questo senso al tuo pensiero in questo momento e sarai pura. Io non esisto mio amore. Questa primavera anderò in guerra. Ti ho incontrato e che la mia vita sia bastata per un po’ di luce per te mia Rina. Inutili le mie parole come la mia vita, lo so. Non voglio che tu mi ricordi.
Non mi scrivere. Ti amo. Prendi il tuo ritratto da bambina e mandala là. Lavora e sii felice. Lasciami il tuo dolore. Addio
Farò tutto il tuo lavoro. Per ora posso vivere. Nella boccetta non c’è più profumo addio.

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Epistola LV
Dino a Sibilla

Settignano, 7 dicembre 1916

Hai preparato il tuo viaggio senza neppure dirmi che volevi andare a Sorrento. Mi hai però detto che sono libero. La russa e a Firenze mi ha scritto e io sono andato da lei. Addio mia cara.

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