Capsule Digitale

Sibilla Aleramo e Dino Campana, lettere #8

Dal carteggio di Sibilla Aleramo e Dino Campana

Social Share

Il Senio vicino al molino di Cecchetto, fra Palazzuolo di Romagna e Quadalto, cartolina viaggiata 1916 ca.

Palazzuolo di Romagna, il ponte vicino al molino della Badia di Susinana, cartolina viaggiata 1916 ca.

Epistola XXIV
Dino a Sibilla

Casetta di Tiara, Firenzuola, 19 settembre 1916

Come sapete ho la testa vuota. Piena del vento iemale che empie questa valle d’inferno. L’inverno mi diverte. Sento che qualcosa resta dopo tutto, come quel laghetto laggiù nella sua trasparenza che nulla riesce ad offuscare. Mi diverto a vederlo rabbrividire. Mi contento di poco come vedete. La felicità è fatta delle cose più leggere: quando, s’intende, la felicità è in noi: in me? e in voi? – Spedito con espresso articolo a voi, ricevuto lettera ringrazio. Trovato coltellino.
Speditemi lavoro..

***

Epistola XXVI
Sibilla a Dino

Firenze, mercoledì 20 settembre 1916

Dino, ho baciato tanto quelle bozze e quella traduzione, con la tua epigrafe e il tuo poscritto, ieri. Piangevo e ridevo insieme. Ti amo. Questa lontananza è assurda. Telegrafami. Quando parti dalla Casetta; e poi da Marradi l’ora dell’arrivo qui, che sarò alla stazione. Domenica, lunedì? Ti aspetto, sono tutta tua, sola con te in tutto il mondo e nello spazio. Ti amo, Dino, mio Dino, nome d’argento, ti aspetto, sentimi.
Rina
Se non parti ancora sabato, scrivimi. Piove anche costi? Resisti? – Andremo a Motrone. Per l’indirizzo, alla posta e a casa, di che lo manderai subito. Vieni… Ho scritto in Sicilia…
Avrò venerdì mattina una tua? L’erica e la stella sono qui davanti. Ti bacio tanto.

***

Epistola XXVII
Sibilla a Dino

Firenze, 22 settembre 1916, venerdì sera

Quel laghetto tranquillo, che ti diverti a veder rabbrividire; quel “voi” e quel “mandatemi lavoro” della cartolina che ho avuto ieri vorrebbero quasi farmi intendere che hai intenzione di restare alla Casetta ancora… Ma dall’altra parte della cartolina c’erano “nos étoiles”, benedette. Che cosa avrai deciso dopo la mia raccomandata? Se queste righe che ora ti scrivo nell’incertezza fossero superflue! O tu le ricevessi partendo da Firenzuola! Quando saprò? Mio Dino. Mi ami? Merito la felicità di cui mi parli? Non so altro se non che t’aspetto, che lontano staremo tanto al sole, che riposeremo, vicini, zitti… Non lavorerò neppur io, devo prima rinascere, l’ho sentito tanto in questi giorni. Ne avrò la forza, se tu mi ami, Dino, amore. Vieni, è vero che vieni? Vieni con gioia, contento, non ti tolgo a te? Amato, non so come faccio a vivere in quest’attesa… Non vedo nessuno, ti dirò. Telegrafami. Se arrivi di mattina, ripartiremo in giornata. In tutti i modi sarò alla stazione. Dino, mi senti?

***

Epistola XXVIII
Dino a Sibilla

Palazzuolo di Romagna, 22 settembre 1916

Carissima Sibilla,
Sabato, domani, all’ultimo treno che arriva a Firenze alle 8 3/4 o le nove, io verrò mia cara. Non posso dirti nulla. Son qua a Palazzolo, (ne vedesti la direzione dalla Bastia). Mi sono messo in viaggio questa mattina con un tempo magnifico e per tutta la mattina ho pensato a te come per raccoglierti intorno gli ultimi splendori della bella stagione nei prati umidi, un verde intenso di velluto. Non ti dirò le sciocchezze che servivano di pretesto al mio amore, sono di quelle che non mi vuoi perdonare. Cantavo. Figurati che avevo per ritornello io ti scopersi e ti chiamai Sibilla. Volevo anzi telegrafartelo senz’altro questo ritornello come una protesta brutale della sanità vitale del nostro amore, unica ambigua e chiara risposta alle tue possibili ansie. Mi accorgo di sragionare. Mi avvicino al mio fatale paese. Addio amore ritroverò forza tra le braccio della mia Sibilla…

***