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Sibilla Aleramo e Dino Campana, lettere #11

Dal carteggio di Sibilla Aleramo e Dino Campana

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Panorama di Sorrento, 1916

Epistola LVI
Sibilla

Sorrento, 8 dicembre 1916

Rose calpestava nel suo delirio
e il corpo bianco che amava.
Ad ogni lividura più mi prostravo,
oh singhiozzo, invano, oh creatura!

Rose calpestava, s’abbatteva il pugno,
e folle lo sputo su la fronte che adorava.
Feroce il suo male più di tutto il mio martirio.
Ma, or che son fuggita, ch’io muoia del suo male!

***

Epistola LVIII
Dino a Sibilla

Firenze, 12 dicembre 1916

Signora Aleramo,
Lei ha troppa ragione nella sua lettera. Io non merito di essere amato da lei. Ci separiamo.
Dino.

***

Epistola LX
Sibilla a Dino

24 dicembre 1916?

Un letto profondo, la notte di Natale, nel tuo paese dove non sono mai stata — dove soltanto da bimbo hai riso di gioia. Stanotte. T’aspetto per partire — son sola nel mondo, oh letto profondo anche questo, se tu non venissi. Tu che tanta gioia devi avere — e ami il mio dolore, dolore d’aver già tanto guardato l’acqua fluire. Ma il tuo fiume, lo vedrò? Questo strazio, d’amarti, di volerti felice, e di non poter tramutarmi in una cosa di freschezza, rosa per la tua fronte, amore, amore. Non poter che consumarmi, sempre più. Non ho più voce per parlarti. Soltanto le mani sono ancora dolci. Stanotte, ti daranno il sonno? Nel tuo paese. E poi addormentarmi — e svegliarmi il mattino di Natale, bimba. C’è un bimbo, un fratellino vicino a Rina — oh Dino, Dino, che cosa si scioglie nel cuore di Rina? Silenzio, tienmi le mani. Nessuno m’ha detto mai, da bimba, una favola bella. Guardavo le stelle, come te. Stanotte non ci saranno. Ci saremo noi, favole, stelle, cose lontane, irraggiungibili. Nessuno mai più ci coglierà, anche se crederà vederci, sentirci. Stelle. Tienmi le mani, prendine tutta la dolcezza, toglimi tutto, sono tanto felice di morire, ma tu ma tu… Tremo, mi guardo intorno, non vieni ancora, l’acqua scorreva…

***