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Dress to dress 2: Balenciaga, infinito e super infinito

La concentrazione è meglio dell’espiazione. Il super-infinito è meglio dell’infinito. Le parole nella mente di Demna sull’orlo della sfilata perfetta.
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Ritratto di John Donne, 1591, frontespizio del volume ”The Poems of John Donne”, pubblicato nel 1942

Balenciaga Fall Winter 2023

In un’epoca in cui fare tabula rasa eliminando direttori creativi all’indomani di un passo falso è prassi, ritrovare la strada della creazione senza mollare le redini è pura rivoluzione. John Donne, il grandioso poeta e religioso britannico del Diciassettesimo secolo, è il soggetto di uno dei più intriganti saggi letterari degli ultimi anni, Super-Infinite di Katherine Rundell.

La parola ‘infinito’ compare spesso nei versi di Donne, così come le parole composte col prefisso ‘super’: ‘super-morente, ‘super/universale’, e così via. Pensando agli erratici umori di Donne, predicatore di assoluta sensualità e cantore di un amore che non è nulla senza il corpo, abbiamo dato voce allo spirito di Demna, tra i più grandi poeti della lirica vestimentaria del nostro tempo, alle sue esitazioni ed esaltazioni, anelli nella mente e sussulti nei volumi del cuore, prima di una sfilata pressoché perfetta.

Ruvidi e polverosi, con quel paio di vecchi pantaloni tra le mani pensai che fossi rimasto vittima dello stesso spettacolo che avevo generato: finito e super infinito, dall’invisibilità all’essere centro di tutto, motore stesso del sistema.

In quei due mesi di riflessione mi ero domandato fino a che punto ci si potesse spingere per provocare, se una reazione era davvero quello che cercavo o il mio era un puro esercizio retorico al servizio di quel circo che si chiama moda. Le accuse, l’ostracismo dei fedelissimi; l’allontanamento e la concentrazione sembravano gli unici modi per riemergere. Per farlo dovevo rimuovere l’immateriale cilicio che mi ero autoimposto e fare pulizia nella mente attraverso l’essenza del mio Io creativo: i vestiti.

Nei momenti in cui una rotta sembra assente, cercare nel passato può solo portare ordine e con quei pantaloni in fresco lana nero appartenuti al bambino che ero, tutto sembrava di nuovo possibile. Senza il tremore che è talvolta portato dal disegno, presi quel caro ricordo del passato e lo scomposi, la trama e l’ordito che scricchiolavano al rompersi delle cuciture. Nel farlo, fu come ferire il me del passato: a quei tempi abitavo in un eterno inverno eppure, senza che nemmeno io lo sapessi, già sognavo la luce. Finito e infinito, ordinario e infra-ordinario.

Sulla gamba del pantalone aperta dal cavallo interno fissai il cartamodello di una giacca e notai che l’orlo toccava la chiusura con gancio a barretta. Tagliai quel cimelio e vedendo prendere vita un indumento davanti a me fu come tornare ai tempi della scuola di Anversa, ai mancati schizzi prima di mettere mano ai tessuti e a tutti quei successi ancora in potenza.

Dopo qualche minuto, davanti a me si stagliava un capo insolitamente classico nel taglio ma sovversivo per la presenza della fascia della vita al posto dell’orlo inferiore.

Nonostante fosse privo di bottoni, delle spalline imbottite e unicamente sostenuto sul manichino grazie agli spilli, nella sua radicale semplicità quel doppiopetto sembrava reggere tutti i codici stilistici che col tempo avevo creato oltre che essere la chiave per uscire dagli scandali che mi ero cercato, in cui ero capitato. Guardai meglio quella giacca e ragionai sul fatto che girare pagina era necessario ma rinunciare alla provocazione per l’atemporalità era forse un azzardo. Ma magari non bisognava scegliere: il vero obiettivo era creare qualcosa di unico che fosse in grado di provocare eternamente in uno spazio in cui tutto fosse passato e continuo: infinito e super-infinito.

Quella giacca doppiopetto avrebbe aperto la mia sfilata di concentrazione, in cui il super-infinito supera l’infinito.

 

 

Balenciaga Fall Winter 2023 Ready-to-Wear (look 1). Photo by Carlo Scarpato / Gorunway.com. Image courtesy of vogue.com

Demna Gvasalia. ph Robert Yager