Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Dal 1° gennaio 1923 la cronaca personale di una vita passata tra la danza, le fotografie, il cinema, il teatro, la pittura, la poesia. Dal “Giornale dell’Arte” n. 117, novembre 1993
Cesarina Gurgo Salice è morta a Roma il 4 agosto 1992 all’età di centodue anni. Tutti sapevano che era la moglie di Riccardo Gualino, alcuni che era anche una danzatrice, pochi che era soprattutto una pittrice. Alla sua morte, il nipote Riccardo trovò in una vecchia valigia dei piccoli quaderni stampati a Firenze da Giannini & Son con il motto in calce «Nulla dies sine linea» e la scritta «A condensed, comparative record for five years. A line a day». Erano diari.
Nessuno (anche gli stessi familiari) durante la sua lunga vita aveva saputo o sospettato l’esistenza di questi diari. Cesarina iniziò a scrivere, non una ma cinque righe, ogni giorno dal 1° gennaio 1923 al 1982. Chi studiava da anni la vicenda politica, economica e drammatica di Riccardo Gualino pensò di arricchire l’importante documentazionione già esistente. Cesarina era moglie di Riccardo, ma non solo. Per cui si trovarono pochi accenni, qualche conferma di date, qualche presenza importante a colazione o ai dopo cena. Chi invece conosceva i suoi quadri, pochi per la verità, volle da principio leggere i suoi diari per capire quando Cesarina iniziò a dipingere e cosa raccontava circa la sua pittura. E qui le cose sono andate diversamente.
Nell’ estate del 1929, Cesarina parla di pittura e da quel 29 agosto annota, con precisione e pignoleria, tutti i suoi disegni e quadri. Moltissimi quadri, ritrovati proprio mentre si esaminavano i diari, erano stati conservati da Cesarina in armadi della sua immensa casa di piazza in Piscinula a Roma. Gelosamente e ordinatamente conservati.
Nessuno ha mai potuto acquistare un quadro di Cesarina, lei non li vendeva, li regalava ai suoi amici più cari, a coloro che apprezzavano la sua pittura, che partecipavano con affetto alla sua vita. Non aveva certo bisogno di denaro, di fare carriera o di conquistare un’amicizia con un dono. Il pubblico la conobbe nel 1944, grazie alla monografia di Libero de Libero per le edizioni della Cometa (anche questa fu da Cesarina donata e non venduta) e nel 1947 poté vedere nello Studio d’Arte Palma a Roma una sua mostra presentata da Lionello Venturi. Il ritrovamento dei quadri e soprattutto la minuziosa descrizione di essi nei diari hanno permesso di schedare tutta l’opera di Cesarina. Ma ritorniamo ai diari. Per una più corretta biografia della pittrice, occorreva rileggere quei diari, per arricchire le notizie, in verità numerose, riguardanti la sua vita pubblica e sociale.
I biografi dell’epoca (giornalisticamente parlando) univano il nome di Cesarina, a volte anche con risalto, a quello di Riccardo per raccontare le magnificenze mecenatesche, i rapporti con Lionello Venturi, la costruzione e l’arredamento delle splendide dimore, il restauro e gli spettacoli del Teatrino di via Galliari e del Teatro di Torino. Sì, qualche volta si diceva che Cesarina fosse una valente danzatrice e una delicata pittrice, ma quasi sempre come gentile concessione alla moglie colta, raffinata di un uomo tanto importante. È proprio Riccardo, nei Frammenti di vita e in Solitudine oltre che in numerose e importanti lettere, a parlare, per la prima volta, della danza e della pittura di Cesarina con intelligenza e rispetto. È giusto dire subito cosa non c’è nei diari di Cesarina. Non ci sono le descrizioni degli stati d’animo, degli affanni o delle gioie per avvenimenti comuni ad ogni vita. Non ci sono desideri più o meno espressi e mai realizzati, fantasie del corpo o della mente. Quasi nulla sui figli (Lili cieca dalla nascita e Renato), pochissimo sui nipoti (soltanto date di nascita o battesimo). Di Riccardo o meglio Baby Boy (e lo fu sempre fino alla fine) Cesarina annotava le partenze e gli arrivi, le feste di compleanno o gli anniversari, qualche «discussione», qualche «confidenza». I diari di Cesarina sono la cronaca giornaliera attenta e precisa, con un linguaggio particolare e costante negli anni, della sua vita. Cronaca dettagliata della giornata. Anno (il mese era prestampato), luogo, giorno della settimana scandito in mattina, colazione, tè, cena e dopocena. Intorno a questi punti fermi della giornata c’è tutto. Le amiche più care (fondamentali nella vita di Cesarina), i familiari, i maestri di musica e di danza, la costruzione e l’arredamento delle case, le lunghe vacanze al mare, in campagna, i numerosi viaggi, i Modigliani, le sue pitture danzano tutti insieme recitando la loro parte (di vita) in una specie di film muto, collocandosi come per magia fra la colazione, il tè, la cena o il dopocena.
Certo lo spazio è breve (il formato della pagina è più piccolo di una odierna agenda), per cui il linguaggio si adatta, è conciso. I sostantivi e i verbi sono ripetitivi, gli aggettivi no. Da soli reggono il peso della descrizione, sono fondamentali per affrettarsi a cercare altrove avvenimenti importanti. Quando la notte è «insonne» o «orrenda» (per esempio) Riccardo è stato appena arrestato o parte per il confino a Lipari, o qualche avvenimento l’ha turbata, il «grande» successo può essere o la prima rappresentazione al Teatro di Torino dell’«Italiana in Algeri» o di un film della Lux o per l’ammirazione altrui per una sua danza, ricamo o quadro. «Combinare, discutere l’avvenire», significa incontrare Venturi, Chessa, Gatti per la costruzione della collezione dei quadri, delle case, dei teatri, ma anche parlare dei colori dei cuscini, delle stoffe, dei quadri, delle pareti spoglie della casa del confino a Lipari. La comunicazione di una «notizia» spesso è accompagnata dalla «costernazione», e in questa parola c’è tutta: paura, dispetto, meraviglia, tragedia.
Il primo gennaio del 1923 quando inizia a scrivere, Cesarina ha quasi trentatré anni, ha sposato Riccardo Gualino nel 1907, ha avuto due figli, Lili e Renato, dal 1910 al 1914 ha condiviso (e fotografato) con il marito il soggiorno in Russia, le fantastiche imprese in Transilvania, Romania e a San Pietroburgo, e poi danza da due anni, Casorati da un anno l’ha ritratta col nastro sulla fronte, compone musiche e coreografie per le sue danze, dipinge stoffe, fotografa e stampa le sue fotografie, riprende con la macchina da presa (alcuni filmati sono conservati a Torino al museo del cinema), inizia a disegnare mobili delle sue case, vive a Torino in via Galliari, passa l’estate a Sestri, e spesso soggiorna in campagna nel restaurato Castello di Cereseto. Dal 1923 quindi, inizia a raccontare la sua vita al femminile, dove le amiche hanno un ruolo importante. Con Bella Hutter e Raja Markam Cesarina entra nel mondo della danza (maestri Perrachio, Sakharoff). Con Marchelle De Montziarlj impara a comporre musica. Con Jessie Boswell inizia a dipingere, sotto lo sguardo attento di Venturi e la guida di Chessa, Casorati e De Pisis. Con Sibilla Aleramo e Lu Milani tradurrà e scriverà poesie (è anche amica di Bontempelli, Moravia, De Libero).
Gli anni dal 1923 al 1929 sono densi di grandi «costruzioni»: La scuola di danza di Bella Hunter, il Teatrino di via Galliari, il Teatro di Torino, la villa di Sestri, gli uffici della Snia, la villa in collina, la collezione, il sodalizio, anzi, l’amicizia con Venturi. Cesarina contribuisce non poco alla realizzazione di tutte queste opere, con entusiasmo, fermezza, molte idee e molti fatti. Partecipa personalmente e pubblicamente con la danza a quella intensa vita culturale torinese da lei voluta. Ma nel 1929, mentre annota con precisione i suoi viaggi (in America con Venturi per visitare le maggiori collezioni statunitensi), i disegni e le realizzazioni dei suoi mobili per la villa di Sestri appena finita, le visite al cantiere della casa in collina, Cesarina è già a conoscenza dei problemi di Riccardo.
Il 3 maggio danza al Teatro di Torino (con «grandissimo successo», e dieci giorni dopo parla di lezioni di assonometria (per il disegno dei mobili) da Gigi Chessa. All’inizio dell’estate insiste con la «cinematografia» e il 29 agosto parla di pittura. Per tutto il 1930 Cesarina, già cosciente di grandi mutamenti, dipinge e mostra i suoi quadri a Venturi, Casorati, Chessa, Menzio, mentre Riccardo cerca di arginare la rovina economica e le accuse in parlamento di Mussolini. Il 19 gennaio 1931 Riccardo viene arrestato, le case sequestrate; e in quei giorni terribili prima del confino a Lipari, Cesarina racconta con lo stesso tono e linguaggio il concitato trasloco delle cose e dei mobili che riesce a recuperare e la descrizione dei quadri che riesce a dipingere (a casa di Jessie, usando le sue tele e i suoi colori).
Poi, un mese dopo, parte per Lipari per raggiungere Riccardo e dividere con lui il confino e la fine di un periodo. A Lipari Cesarina è sola con Riccardo e con la pittura. I colori si fanno sempre più intensi; dalle tele e dai cartoncini passa alle tavole, ha più tempo e ogni giorno disegna o dipinge. Nel diario mutano necessariamente i personaggi ma non la trama. Continua a parlare di arredi, di tentativi riusciti per abbellire la casa, di letture, di bagni e passeggiate, di manoscritti di Riccardo, di amici che vengono a trovarli (Venturi, Chessa, Gatti), dei brevi viaggi a Torino per vedere i figli. Poi c’è il confino a Cava dei Tirreni e della fine del ’32 la Francia, Parigi, la Malmaison per tutto il 1933. Il rientro in Italia non sarà più a Torino, ma a Roma dove dal 1934 i Gualino risiederanno fino alla loro morte, non più a Sestri, ma Portofino, non più Cereseto, ma Firenze.
È una bella Roma quella che descrive Cesarina nei suoi diari e che dipinge nei suoi quadri. Una visione storica ineccepibile (le prime sanzioni, la guerra, la fine del fascismo, la caduta di Mussolini, Roma città aperta, il dopoguerra) ma particolare: la città eterna vista dai Parioli, dalla città moderna, dalla città del cinema. Nei quadri non c’è il Colosseo o il Foro Romano, e San Pietro è sempre in secondo piano rispetto al Flaminio. Ci sono i bombardamenti, ma ci sono comunque la colazione, il tè, la cena e il dopo cena, gli amici e le amiche, nuovi e di sempre. C’è Cecchi, De Libero, Argan e Venturi, c’è Sibilla, Leonetta e Lu, Mars, Lula.
Sì, ci sono le sensazioni e le privazioni di una guerra, ma c’è il cinema, il teatro, i concerti e mostre (nel 1947 allo Studio d’Arte Palma). Si prepara, un altro cambiamento. La pittura continuerà privatamente, per pochi, ma comincerà la poesia; questa volta solo per se stessa, annotata sui diari ma custodita gelosamente, a volte battuta a macchina, spesso manoscritta. E alla sua morte, Riccardo junior finalmente aprirà quella stanza volutamente chiusa da Cesarina da dieci anni, riconoscendo in quelle lettere ordinate e divise per anno, fotografie raccolte e datate, diari in ordine cronologico, quadri scelti e a volte ritoccati, l’ultimo regalo di una donna severa e ironica che negli ultimi anni della sua vita non aveva voluto raccontare, a nessuno, la storia della sua vita.
testo di Beatrice Ucci Marconi