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Joseph Beuys

Scomparso il 23 gennaio 1986 per un attacco cardiaco, certamente una delle figure centrali delle neo-avanguardie degli anni ’60. Dal “Giornale dell’Arte” n. 31 , febbraio 1986

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Joseph Beuys,  photo by Jochen Littkemann

Nato a Kleve nel 1921, pilota da caccia nella seconda guerra mondiale, sopravvissuto miracolosamente a un atterraggio di fortuna in Crimea. Quella di Beuys fu l’odissea dell’uomo in guerra, del tedesco sopravvissuto al massacro, risoluto a rileggere la germanicità e alcuni dei suoi miti ricorrenti della cultura romantica in un’ampia relazione, non esente da connotati anarchici, con l’uomo, la natura, l’energia, la storia.

«Beuys – ha scritto Achille Bonito Oliva – è l’eroe della natura, colui che vuole ridare unità all’uomo… La sua antropologia: verso il basso con gli animali, piante, natura e verso l’alto con angeli e spiriti».

Dopo studi scientifici, approdò irreversibilmente all’attività artistica dove l’artista è lo sciamano, il sacerdote rituale. Per Beuys, tra arte e scienza c’è un’osmosi: «L’arte – dichiarava in un’intervista a Umberto Allemandi nel 1974 – deve procedere secondo una metodologia scientifica e la scienza secondo una metodologia artistica». Insomma, a Beuys la scienza risultava troppo specialistica, incanalata, positivistica. L’arte ha, o dovrebbe avere, orizzonti più estesi. Tuttavia, quando dal 1947 prese a seguire i corsi dell’Accademia di Belle Arti di Dùsseldorf – quella dove insegnerà dal 1961 al 1972, riprendendo l’insegnamento di scultura del suo vecchio maestro Ewald Mataré – incominciò subito a dissentire con quanto, sono parole sue, veniva dato per scontato.

Dalla Haus der Kunst di Kranenburg(1963) alle mostre successive, a partire dal 1964, alla galleria Block di Berlino, si susseguono le esposizioni e le performances dell’artista. Inoltre, Beuys partecipa, dal 1964, alle varie «Documenta» di Kas-sel. Nel 1967, l’aver fondato il Deutsche Studentenpartei gli crea dei problemi nell’insegnamento da cui, nel 1972, viene improvvisamente allontanato in seguito a un sit-in contro il numero chiuso. Nel 1972, a Documenta 5 apre un «Ufficio per l’informazione sull’organizzazione per la democrazia diretta» e, nel 1977, è la volta della «Università internazionale per la creatività e la ricerca interdisciplinare». Insomma, è impossibile – come si legge nella prefazione al catalogo della sua mostra di disegni di fine ’85 alla Fundacion Caja de Pensiones di Madrid – separare Beuys artista da Beuys uomo.

«Il pifferaio dell’avanguardia» lo definì nel 1972 Douglas Davis in Newsweek, chiedendosi se davvero tutte quelle centinaia di studenti che – specie negli anni ’70 – lo seguivano entusiasticamente, lo capissero veramente, come artista e come maestro. Di sicuro, la sua arte non era disgiungibile dall’azione politica. Nel 1980 si candidò con i verdi tedeschi alle elezioni legislative.

Essere umano, oltre che artista, ben calato in uno stile esistenziale causticamente neo-dada, ha avuto una statura sufficientemente elevata per schermirsi con sorprendente innocenza – talvolta era di un candore incredibile – tra chi lo considerava un grande istrione e chi, invece, il Picasso dell’avanguardia («Joseph Beuys Superstar» intitolava Allemandi la sua intervista nel ‘ 74).
Dai 7000 alberi piantati, primo lotto di un’azione corale di rimboschimento dall’inquietante significato simbolico (Documenta 7, 1982), alle tre opere create per l’esposizione «Terrae Motus» della Fondazione Amelio di Napoli, Beuys è l’artista che scava instancabilmente nella dimensione antropo logica dell’uomo, in stretto rapporto con la difesa della natura.

È anche questo, «Difesa della natura», il titolo di una manifestazione avvenuta a Bolognano, una località vicina a Pescara dove Beuys, come a Kassel, ha inteso promuovere una piantagione di 7000 alberi differenti (1984). Le ultime due opere di Beuys sono in questo momento una alla galleria Anthony D’Offay a Londra, l’altra nella mostra aperta nel museo di Capodimonte a Napoli.