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Jole De Sanna*: La poetica di Lucio Fontana

I rapporti dell’artista con le correnti e gli artisti a lui contemporanei in un penetrante e analitico studio su Lucio Fontana di Jole De Sanna* nella monografia a lui dedicata Lucio Fontana materia spazio concetto, Mursia Editore. Dal “Giornale dell’Arte” n. 115, settembre 1993

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“Ambiente Spaziale a Luce Nera”, Lucio Fontana 1949. Installazione al Pirelli Hangar Bicocca, Milano 2017, © Fondazione Lucio Fontana. ph. Agostino Dosio

Attraverso una attenta rilettura del complesso percorso fontaniano, attraverso le opere e i Manifesti, e i saggi a lui dedicati da alcuni critici d’arte già negli anni Trenta, come Edoardo Persico, Leonardo Sinisgalli, Raffaello Giolli, Gillo Dorfles, Raffaele Carrieri, Giulio Carlo Argan, la De Sanna enuclea alcuni nodi fondamentali della poetica dell’artista. Ad esempio, il rapporto con gli architetti razionalisti nella Milano degli inizi anni Trenta; in particolare con i fondatori del «Gruppo 7» mediato da Persico, condirettore con Giuseppe Pagano di «La Casa bella», che fu il primo suo sostenitore.

Viene così documentata la progettazione del monumento a Giuseppe Grandi con gli architetti del «Gruppo 7»; la collaborazione con Giuseppe Terragni per il monumento ai Caduti di Erba (distrutto); e con Figini e Pollini per due case-modello alla V Triennale di Milano del 1933, che culminano nella famosa Sala della Vittoria alla VI Triennale di Milano del 1936, tutta giocata dal nero al bianco, e firmata con Persico, Nizzoli e Palante che, come osserva giustamente la De Sanna, è un autorevole precedente per il primo «Ambiente Spaziale» nero del 1949. L’avvicinamento al lavoro degli architetti razionalisti milanesi è per il primo Fontana un volgersi dalle sue posizioni anti novecentiste verso le tendenze moderniste, nella finalità di realizzare un’opera d’arte come linguaggio totale, nella integrazione tra pittura e scultura.

Un altro nodo fondamentale della sua poetica è giustamente ravvisato dalla De Sanna nella centralità della luce nella teoria e visione spaziale dell’artista. La «nuova dimensione» preconizzata da Fontana nel Manifesto Bianco del 1946, redatto nel periodo argentino con gli allievi dell’Accademia di Altamira, di cui era fondatore e condirettore nonché docente di scultura, sfocia a Milano con la fondazione dello Spazialismo nel 1947 che raggruppa artisti diversi (Dova, Peverelli, Capogrossi, Crippa), critici (Joppolo, Tullier, Kaisserlian), galleristi (Cardazzo), scrittrici (Milena Milani), con lo storico Giampiero Giani. Da questo momento Fontana inizia a avere rapporti espositivi con i Nucleari, con l’Informale, il Gruppo Gutai, documentati ampiamente nel libro. Insieme viene messo in rilievo l’interesse costante di Fontana per i giovani artisti, dei quali colleziona opere a partire dal 1956, tra i quali Klein, Arman, Tinguely, Soto e poi Manzoni, Fabro, Pascali (e l’acquisto di una delle prime opere di Burri).

Oltre la sua figura di grande protagonista dell’arte della prima metà del ‘900, dove ha raggiunto una visione totalizzante, in questo testo viene messa a fuoco la sua posizione estremamente dialogante con le correnti e gli artisti a lui contemporanei. In particolare, con il Gruppo Zero di Düsseldorf, con il Gruppo T milanese e soprattutto con Piero Manzoni, suo erede spirituale che ne sviluppa i presupposti concettuali. A latere, emerge il ruolo dei critici che lo hanno affiancato negli anni ’50 e ’60, da Duilio Morosini, Guido Ballo, Franco Russoli a Michel Tapié e Enrico Crispolti; in particolare Carla Lonzi, che nel suo libro-intervista Autoritratto del 1969 lo pose giustamente accanto a Paolini, Fabro, Kounellis e Pascali.

Luigi Figini e Gino Pollini, Disegno per una casa modello, Triennale di Milano (1933)

Studio della villa studio per un artista progettata dagli architetti Luigi Figini e Gino Pollini, 1933 Triennale di Milano, ph. Crimella, ©Fondazione La Triennale di Milano

Sala della Vittoria, Triennale di Milano, 1936 progettata da Persico, Nizzoli e Palante, sullo sfondo la scultura di Lucio Fontana, ph. Crimella, ©Fondazione La Triennale di Milano

 

La gigantesca scultura in gesso di Lucio Fontana, (distrutta) composta da una figura femminile e due cavalli, dominava la Sala della Vittoria  per la Triennale di Milano del 1936. La figura femminile, ispirata alla Nike di Samotracia, poggiava su un piedistallo su cui erano scolpite le parole del discorso pronunciato da Mussolini dopo la conquista dell’Etiopia, rendendo la statua una celebrazione di questo successo bellico. ph. Crimella, ©La Triennale di Milano

 

Jole De Sanna, L’arte come servizio, l’artista come servo vizioso. La pulizia della macchina da scrivere di 10 critici d’arte residenti a Milano. Ph. Laura Salvati, 1975