Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Le Stelle sono uno complesso beat dal talento purissimo, considerato epico dai cultori del genere per la loro apertura nei confronti di un gusto internazionale molto particolare, il loro suono è acido e non concede sconti alle smancerie romantiche dell’epoca. Le loro sono chitarre aggressive e le tastiere del loro Hammond, saturo di effetto leslie graffiano l’ascolto, avanguardia pura
Le loro atmosfere psichedeliche anticipano molti dei temi di quella che sarà la stagione italiana del progressive. Il gruppo nasce dall’incontro del veneto Giandomenico Crescentini, personalità dandy, ex bassista dei New Dada, con il chitarrista romano Urbano Orlandi. I due coinvolgono nel progetto l’ex tastierista dei Wretched, il veneto Nello Marini, e il batterista alessandrino Sergio Cerra.
È il 1967, la scena del beat è Roma, Le Stelle decidono di stabilirsi lì, una delle ragioni è l’amicizia che lega dall’infanzia Orlandi e Ettore Rosboch, fratellastro di Marella Agnelli e amico di sempre di Mario Schifano. Rosboch ci vede lunghissimo, combina un’alchimia organizzando un incontro tra Le Stelle e Mario Schifano. Quell’incontro segnerà i loro destini e l’immaginario di Schifano, artista maledetto, anarchico e disobbediente, allora già ricercatissimo e famoso per essere schivo oltre misura, a tal punto da accettare solo pochissime commesse, tra le quali quella di decorare uno degli ambienti della casa romana di Giovanni Agnelli.
L’artista non ha dubbi, quel complesso è l’occasione per la sua poetica multimediale di sperimentare qualcosa di simile alla collaborazione di Andy Warol con i Velvet Underground. Schifano fa proprio il destino delle Stelle, ribattezzandole in favore del proprio ego “Le Stelle di Schifano”. Con loro avrebbe potuto dar vita ad un genere di ambientazioni artistiche, che fino ad allora aveva solo sperimentato sul campo visivo. Nella riservatezza della sua casa-studio di Roma una grande parabola riceve segnali video dal mondo, numerosi schermiTV inviano in contemporanea immagini che vengono catturate per diventare il fondo delle sue pitture.
Con il suono delle sue Stelle, può concepire quello che fino a quel momento aveva solo immaginato, la sua arte può estendere i confini espressivi del suo gusto inquieto per le frontiere lisergiche realizzandosi secondo il principio del live, avvolgendo i sensi lo spazio con immagini in movimento, luci e suoni. La loro prima esibizione è il concerto del settembre del 1967 al Teatro del Porcospino di via Belsiana a Roma, fondato e gestito da Alberto Moravia e Dacia Maraini. É un vero e proprio evento per l’avanguardia artistica italiana, lo spettacolo è completato dalla proiezione del film “Anna Carini in agosto vista dalle farfalle”, realizzato da Schifano, e che è proiettato sui musicisti mentre suonano. Anna Carini era la ragazza di Schifano, nonché conduttrice con Giancarlo Guardabassi del noto programma radiofonico “Countdown”.
La risonanza dell’evento fu controversa, il pubblico italiano si divise tra entusiasmi e manifestazioni d’indignazione. Nel frattempo, a Torino, Mario Schifano è invitato, così come tanti altri artisti dell’avanguardia nascente di quel periodo, da Graziella Gay e Pietro Derossi a realizzare un suo intervento nel Piper Pluriclub. L’occasione si presenta puntuale, l’artista propone le sue Stelle per diversi concerti; evidentemente a Torino, ebbe gioco facile, alcuni cultori della scena underground riportarono eccellenti recensioni della prima romana. Il gruppo sì stabilì a Torino, in residenza al Piper per un periodo nel quale ritrovare, lontano dai clamori mondani della capitale, un ambiente più congeniale alla lavorazione di quello che sarà il loro unico album.
A Torino c’erano le sperimentazioni elettroniche di Enore Zaffiri, un ambiente privo di preconcetti e così Al Fono Folk Stereostudio registrano con Rosboch cinque brani, tutti finiti sulla facciata B del loro primo ed unico lavoro su vinile “Dedicato a…”, inciso per la minuscola discografica milanese BDS, Ballabili di Successo, costola dell’Ariston Records e pubblicato nel novembre 1967.
Nello stesso periodo in cui si replicano i concerti al Piper Pluriclub. “Dedicato a…” gemma essenziale e purissima della psichedelica italiana si avvale di diverse sessions alle quali partecipano anche il pittore Peter Hartman al pianoforte, Antonmario Semolini al flauto e alla voce la nobildonna Francesca Camerana, giovane musa della scena torinese bohémien, divisa tra beatniks e hippie, a lungo figura di spicco di un famoso negozio di dischi e poi diventata direttrice artistica di Lingotto Musica. Un vero proprio concept album, un doppio vinile stampato in edizione limitata, in segno di disapprovazione delle politiche di diffusione seriali ed invasive messe in atto dall’industria culturale.
Anche il formato riveste la sua importanza: il mercato discografico degli anni Sessanta è dominato dalla tipologia di supporto a 45 giri, che consente l’inserimento di un singolo pezzo su ogni facciata del disco, favorendo in questo modo la concentrazione dell’attenzione del pubblico sul brano di successo, suonato ripetutamente nei juke box, in radio ed in televisione. La canzone di consumo non ha bisogno di contesto, ha senso solo se isolata, scollegata da qualsiasi discorso artistico continuativo, pronta per la fruizione e facilmente accantonabile una volta consumata. La musica d’avanguardia, invece, nel momento in cui intende proporre opere unitarie e solide, all’interno delle quali le composizioni si susseguano concatenate, con un senso logico, aspirando a realizzare un progetto unitario, deve necessariamente ritagliarsi spazi più ampi.
L’abbandono della forma canzone per strutture più complesse e articolate, si fa ricorso a nessi di tipo sonoro o a richiami e citazioni tra un pezzo e l’altro per collegare in modo indissolubile l’intero lavoro. Si creano così voluti ostacoli ad una ricezione superficiale. L’ascolto presuppone il completo coinvolgimento ed una scrupolosa attenzione per la costruzione dell’opera; niente di più lontano dai meccanismi delle classifiche e dalle medie di gusto. Concept album anche per la specialissima fattura dell’involucro, curato in ogni dettaglio da Mario Schifano. Copertina metallica dipinta con effetti stellati traslucidi, grandi immagini dipinte e fotografie solarizzate tutte virate da una predominante rosa molto accesa, completa l’interno dell’album, nella sua parte centrale, una grande foto di Manfredo Bellati che fissa una delle performance torinesi delle Stelle nel Piper Pluriclub.
Meno di 1000 vinili, le fonti oscillano su una numerazione tra le 500 e le 800 unità di cui 50 in acetato rosso. Il disco originale in vinile nero, l’edizione non curata graficamente da Mario Schifano, ma soprattutto il vinile ufficiale, con cover laminata disegnata dall’artista pop ed etichetta “con le stelle”, sono valutati nelle aste per migliaia di euro.
Terminata l’esperienza torinese, il gruppo torna a Roma per presenziare quello che sarà il primo grande happening della musica psichedelica italiana: “Grande angolo, sogni e stelle” direttamente curato da Mario Schifano questa volta nel più grande Piper di Roma, musica live, proiezioni miste su quattro schermi panoramici e ospiti di prestigio tra cui l’assistente di Andy Warhol, Gerard Malanga, che di lì a poco avrebbe fondato “Interview”. Purtroppo, la risonanza dello spettacolo non aiutò molto la carriera delle “Stelle”. L’album, estremamente in anticipo sui tempi, ovviamente, non vendette una copia e il deluso Mario Schifano abbandonò il progetto, a cui si era dedicato come produttore e art director, a sé stesso.
Bisogna considerare il fatto che all’epoca il pittore era all’apice della sua carriera e coinvolto in numerosissimi progetti artistici, affamato com’era di contaminazioni e di evoluzioni estetiche. Sia per un sopraggiunto disinteresse di Schifano nel proseguire quel filone artistico, sia per irreversibili tensioni interne al gruppo Le Stelle si sciolgono e precipitano l’anno successivo, dopo un 45 di scarso successo, dando vita a un culto sotterraneo di risonanza mondiale. L’invito è l’ascolto dei loro brani rispettando rigorosamente quanto segue: Da ascoltarsi con TV accesa, senza volume.