Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Avventure ossessive di un ascoltatore. Trenta canzoni perfette, da Eno a Monteverdi, raccontate a cavallo tra musica e altre discipline da Gianluigi Ricuperati
Non piango per qualsiasi cosa – ma diverse mi fanno scendere sulla riva del pianto: quando il respiro diventa obliquo, come un metro lanciato conficcato nella gola d’impotenza e accoglienza, perché la fragilità di questo genere è potenza e accoglienza, sensi aperti, comprensione di quasi tutte le nazioni emotive che ti si presentano davanti agli occhi.
E gli occhi – gli occhi s’inumidiscono, all’improvviso, d’incanto, senza avvertire, con lo stesso ritmo dello zero che diventa uno.
Mentre mia figlia dorme ascolto Ivano Fossati per capire quale dei suoi capolavori vorrei scrivere, e invece mi viene in mente altro, e piango, piano, lacrime come palloni frenati di soluzione salina. La canzone in cui si parla di Costruire un Amore. L’altra canzone in cui si parla di una donna ‘che ha lottato tanto / perché il brillare naturale dei suoi occhi / non lo scambiassero per pianto’. Ma poi anche la commozione finisce e torna la concentrazione, e ricerca un’emozione più mentale.
Le canzoni migliori di Ivano Fossati meriterebbero tutte una rubrica, una penna approfondita, una lacrima pensierosa: sono spesso sbilenche e trapezoidali, come se Fossati aspirasse a divenire il Thelonius Monk della canzone d’autore italiana.
Ma tra tutte la più inclinata, ligure, terrazzata delle sue composizioni è Discanto, una splendida sequenza di varietà umane in forma di anafora: elenco di ‘cose, visioni, situazioni’ anticipate dalla preposizione ‘Di’, nel senso ‘vi parlo di’, ‘intorno a’. Il mondo intero si condensa in questa lista di condizioni umane che intagliano addosso alle orecchie di chi ascolta un diorama di sostantivi verbi e aggettivi che sembrano irrelati fra loro, ma che in verità descrivono come un arco – un arco a zig zag, se esistesse qualcosa di simile – l’esperienza dello stare nel mondo.
Di intelligenza – di intermittenza si vive – di danze di ballo sociale – di una promessa - di un faccia differente – di mediocri incontri – di bellezze – di profumi ardenti – di accidenti rotolando si gira – si balla si vive, si fa festa quella, questa si picchia forte col piede nella danza e si sbaglia il passo si vive di fortune raccontate.
Da ognuno di questi versi si potrebbe ricavare il capitolo della propria autobiografia, o forse è vero il contrario, cioè che Fossati ha fatto collassare in ogni verso un modo del possibile intarsio cantato della multiforme esperienza umana.
A impreziosire la canzone – un proto hip hop cantautorale-robotico, ancorché umanissimo, il finale fatto di folgorazioni e scoppi, rumori, intermittenze e frequenze, che porta l’ascolto verso una sorta di terra di confine dove la musica del cantautore genovese non si era mai spinta prima di allora e forse non si spingerà più in seguito: una sorta di operetta morale in forma pop spigolosa, tra il Battisti elettronico e gli Einsturzende Neubauten: canto e discanto.