Il 30 giugno 2023 è terminata la prima capsule digitale del Giornale dell’Arte – Nova Express Digital Capsule – pubblicata qui, sei giorni su sette, da maggio 2022.
Nova Express Digital Capsule, a cura di Gianluigi Ricuperati e Maurizio Cilli, è stata il primo esperimento di un prodotto verticale editoriale del Giornale dell’Arte dedicato a rappresentare nuove tendenze e definire e indagare nuovi limiti. Attraverso le voci di grandi intellettuali, intrecciate a una riscoperta e rilettura dell’archivio del mensile ormai quarantennale, Il Giornale dell’Arte ha voluto affermare come la comprensione della contemporaneità sia una questione di punti di vista e della capacità caleidoscopica di tenerli insieme. Grazie a Gianluigi e Maurizio per averci condotto in questo viaggio davvero Nova.
Avventure ossessive di un ascoltatore. Trenta canzoni perfette, da Eno a Monteverdi, raccontate a cavallo tra musica e altre discipline da Gianluigi Ricuperati
È il tredici marzo 1977. Quando registra questo pezzo – uno dei diversi strumentali che costellano i dischi del periodo ‘berlinese’ – Bowie accarezza con passione distante gli angoli di uno dei primi sintetizzatori d’epoca, portato da Brian Eno agli Hansa-Ton studio dove è stato registrato il disco (l’unico della trilogia a essere veramente stato realizzato a ridosso del Muro, perché Low è stato inciso in Francia e Lodger in Svizzera. È da questa macchina piena di fascino che provengono le lastre orizzontali di suono che circondano il tema principale, una scarna sequenza di quattro note che curiosamente esprimono alla perfezione quello stato di impotenza che accompagna un esito incerto, il senso del dubbio appunto.
Il 13 marzo 2013, a Londra, osservo quello stesso sintetizzatore da vicino. Sono alla mostra David Bowie Is, al Victoria and Albert Museum, a Londra, e nessuno mi ha ancora detto che quel sintetizzatore era stato venduto da Eno e poi riacquistato dallo stesso Bowie per inserirlo nel labirintico massiccio archivio di proprie memorabilia che aveva accumulato nei decenni, e che costituiva la ragion d’essere della mostra.
Mentre osservo il sintetizzatore EMS Synthl AKS acquistato nel 1974 da Brian Eno, oggetto responsabile della pasta sonora di Heroes, qui non più un muro fitto che riempie tutto lo spazio acustico ma un reticolo di pieni e vuoti, insicurezze e punti d’appoggio, quattro note e alcuni ventagli di raccordo, che portano la musica rock di quegli anni a essere vicina, vicinissima alle sperimentazioni delle avanguardie Contemporanee, quasi spettraliste: mai, nel pop, un dubbio musicale era stato così intinto nella pasta del coraggio estetico.