Capsule Digitale

Song to Song 17: She’s a Jar*

Ci sono canzoni che conservano la memoria di altre canzoni, ancora da scrivere, e oggetti neutri che conservano la possibilità di momenti disperati. La musica dei Wilco, di Jeff Tweedy, ha a che fare con questo bilico, con questo bivio, tra citazione e disperazione

 

Social Share

Wilco, photo by Jamie Kelter Davis

She’s a Jar, Wilco

Le canzoni dei Wilco sembrano nascere quasi tutte dall’angolo accecante in cui ci si trova quando qualcuno se ne va di casa, cambia strada, volta le spalle: sono compagne e sorelle della vita che esplode ai bivi, quando la strada si biforca e l’aria diventa dubbio.

In una delle gemme strazianti dei Wilco, She’s a Jar, canta: “Quando dimentico come si parla inizio a cantare”, un affondo formidabile sull’idea che l’espressione sia qualcosa di trasformativo e insieme sacrificale, un adattamento – appunto – e una condizione penosa – un po’ come il Lennon di Mother: “Non sapevo camminare / così ho iniziato a correre”.

Tweedy all’epoca di She’s a Jar era scontroso, dolce, ciclotimico, ambizioso, a tratti cattivello, di sicuro segnato da una volontà oscura di aderire a una vocazione da predatore alfa, eliminando i vari concorrenti e nel contempo soffrendo a singhiozzo per questa inevitabilità: prima Jay Farrar, poi Jay Bennet – e basta guardare il documentario I am trying to breake your heart, che testimonia la vicenda compositiva e produttiva di Yankee Foxtrot Hotel, per rendersene conto: quando i due litigano in sala di registrazione. Meglio: litigare è la parola sbagliata, non si capiscono è l’espressione esatta. Jeff rimane impassibile, Jay Bennet parla, si spiega, lui lo guarda gli dice solo ‘hai ragione’, poi si alza, JayBennet lo segue, continuano a discutere, continua a discutere, poi Tweedy viene ripreso nel cesso che vomita dall’affanno, poi torna indietro al bancone del mixer, si abbracciano, lui beve una coca cola, e pochi giorni dopo l’amico che scriveva troppo è fuori dalla band.

She’s a Jar è una ode alla pressione che si respira nell’anticipo degli addii, poco prima che la natura della necessità ci obblighi a scegliere, o scelga per noi. Ballata sbilenca, atroce, venata della possibilità di una violenza, prodotta meravigliosamente, è anche la più ampia dimostrazione che Jeff Tweedy e il compianto Jay Bennett avrebbero potuto fare ancora tante cose aspre e incantate, se solo non si fossero divisi con tanta brutalità. Meno male che si sono incontrati: le canzoni migliori dei Wilco sono immortali anche grazie al dialogo impossibile tra queste due anime insorte.

 

Testo

She’s a jar

With a heavy lid

My pop quiz kid

A sleepy kisser

A pretty war

With feelings hid

She begs me not to miss her

 

She says forever

To light a fuse

We could use

A hand full of wheel

And a day off

And a bruised road

However you might feel

Tonight is real

 

When I forget how to talk, I sing

Wont you please

Bring that flash to shine

And turn my eyes red

Unless they close

When you click

And my face gets sick

Stuck

Like a question unposed

 

Just climb aboard

The tracks of a trains arm

In my fragile family tree

And watch me floating inches above

The people under me

 

Please beware the quiet front yard

I warned you

Before there were water skies

I warned you not to drive

Dry your eyes, you poor devil

 

Are there really ones like these?

The ones I dream

Float like leaves

And freeze to spread skeleton wings

I passed through before I knew you

 

I believe it’s just because

Daddy’s payday is not enough

Oh, I believe it’s all because

Daddy’s payday is not enough

 

Just climb aboard

The tracks of a trains arm

In my fragile family tree

And watch me floating inches above

The people under me

 

She’s a jar

With a heavy lid

My pop quiz kid

A sleepy kisser

A pretty war

With feelings hid

You know she begs me not to hit her

***

lei è un barattolo dal coperchio duro
è il quiz che guardavo alla TV, quando ero piccolo;
è un bacio sonnolento,
una piacevole guerra
con i sentimenti nascosti,
mi supplica di non sentire la sua mancanza

lei dice “per sempre” e lo fa per accendere una miccia;
possiamo prenderci
un volante, un giorno libero
e andare per una strada stanca;
ad ogni modo, devi sentire
che questa notte esiste davvero

quando mi dimentico come si parla, canto;
quando scatti la foto, non vorresti
 far partire il flash
e, se non si chiudono, far diventare i miei occhi rossi,
senza che la mia faccia diventi brutta
ed io sembri bloccato, come una domanda che non è mai stata posta?

sali a bordo delle rotaie dei treni che vanno
nel mio fragile albero genealogico
e guardami galleggiare metri e metri sopra
le persone che mi stanno sotto

ti prego, abbi cura del cortile di casa,
t
i avevo detto che ci sarebbe stato un cielo pieno d’acqua,
ti avevo detto di non guidare;
asciuga i tuoi occhi, piccoletto..

esistono veramente cose come queste?
quelle che ho sognato
svolazzano come foglie
e congelano per spiegare le ali degli scheletri;
ci sono passato attraverso, prima di averti conosciuta.

credo che sia soltanto perché
lo stipendio di papà non basta;
credo che dipenda tutto dal fatto
che lo stipendio di papà non basta

sali a bordo
delle rotaie dei treni che vanno
nel mio fragile albero genealogico
e guardami galleggiare metri e metri sopra
le persone che si trovano sotto di me

lei è un barattolo dal coperchio duro
è il quiz che guardavo alla TV, quando ero piccolo;
è un bacio sonnolento,
una piacevole guerra
con i sentimenti nascosti;
lo sai, lei mi prega di non colpirla…

 

La copertina dell’album “summertheeth” dei Wilco

Il retro della copertina dell’album “summertheeth” dei Wilco