Capsule Digitale

Song to song 22: Song Reader

Avventure ossessive di un ascoltatore. Trenta canzoni perfette, da Eno a Monteverdi, raccontate a cavallo tra musica e altre discipline da Gianluigi Ricuperati

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Song Reader, Beck Hansen 2012

Saremo brutalmente onesti. C’è da essere ossessionati dai cambi di supporto, come pedine nel mezzo di una rivoluzione scacchistica: la letteratura e l’editoria provano a reagire, la musica lo fa da qualche anno, ma le lamentazioni e le sveglie nel cuore della notte continuano. I musicisti sognano la solidità del disco, noi scrittori facciamo incubi di immaterialità completa, e così via. Ma fino a un secolo e qualcosa or sono, prima dell’avvento del fonografo, le partiture – le opere – vivevano solo nell’aria delle sale da concerto oppure su carta, sugli spartiti rilegati e messi in circolazione da coloro i quali non a caso venivano chiamati ‘editori’.

La notizia è che uno dei compositori rock più amati e stralunati (e colti) degli ultimi vent’anni, Beck Hansen, pubblicherà il proprio nuovo album, Song Reader*, sotto forma di spartito, e uscirà da McSweeney’s: e insieme al pentagramma e alle liriche ogni canzone verrà accompagnata da un’illustrazione di alcuni tra i migliori nuovi nomi della scena anglosassone, Marcel Dzama e Leanne Shapton su tutti, e l’intero volume sarà rilegato con tutti gli accorgimenti grafici e fisici che lo trasformeranno in un vero e proprio oggetto capace di significare.

L’idea è che i ‘lettori’ potranno fornire ciascuno la propria versione di ogni pezzo, e i risultati dell’esperimento saranno on line sul sito di Mc Sweeney’s. Bastano uno strumento e una voce – e il non trascurabile dettaglio di saper leggere la musica, visto che come scrive sempre il critico del New Yorker Alex Ross la principale differenza tassonomica, a questo punto, non è tra ‘musica colta’ e ‘musica popolare’ ma tra ‘musica notazionale’ e ‘non notazionale’. L’esperimento di Beck, peraltro, rivolta i piani del discorso anche da questo punto di vista, proprio perché è inimmaginabile pensare alla cultura musicale del secondo Novecento senza il timbro immortalato per sempre dei grandi protagonisti ‘non notazionali’, dai Beatles ai Velvet Underground, da De Andrè a Serge Gainsbourg: ve le immaginate le loro canzoni come segni grafici da interpretare, o per meglio dire, ‘suoni in potenza’? Cosa sarebbe l’intero bagaglio del Pop senza la registrazione, senza la miracolosa vicinanza di scrittura e incisione? (Ben consapevoli che i compositori puri esistono e che Can’t Take my Eyes Off of You di Burt Bacharach ha almeno cinquanta diverse vite vocali…)

Se poi si aggiunge che lo spunto interpretativo – le ‘indicazioni’, i fortissimo o gli adagio o con brio – di Song Reader sono frammenti visivi, opere pittoriche o disegni, ritorniamo sul solito punto fondamentale. Oggi, ora, le persone più interessanti e sensibili, sul pianeta dell’invenzione e dell’espressione artistica, sono sempre più quelle che lasciano sfregare tra di loro i codici di linguaggi distanti. I vecchi formati scompaiono, lo spazio produttivo si restringe: presto gli ‘autori’ che non sapranno auto-educarsi alla collaborazione efficace con altre discipline saranno lo spettacolo meno interessante del mondo.